GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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https://www.ncchurches.org/tag/worship/

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L’ unità nella diversità

A partire dalla frase “unità nella diversità”, con cui volevo intitolare questo articolo, vorrei descrivere la nostra vita quotidiana qui, a “Villa San Ignazio” a Genova.

L’ orizzonte comune che noi novizi abbiamo insieme ai nostri formatori e per il quale siamo qui, determina eventi, sentimenti, azioni che possono sembrare impossibili in tale contesto. Veniamo da sei culture diverse: italiani, ungheresi, danesi, maltesi, rumeni e insieme siamo impegnati per uno scopo comune, conoscere e vivere insieme al Salvatore, il nostro orizzonte, che è il centro determinante dell’equilibrio nella nostra comunità, che festeggeremo presto nella Natività.

Questo è il tempo in cui possiamo conoscerci, osservare i valori che ogni persona ha ricevuto dal buon Dio, metterli insieme per formare una comunità e allo stesso tempo conoscere noi stessi, lavorando sulla nostra crescita spirituale e culturale e ascoltare la voce del Creatore che ha invitato ognuno di noi su questa strada.

La nostra vita quotidiana è composta da questa realtà, che rappresenta l’approfondimento del rapporto con Dio che ciascun uomo è invitato a fare. La nostra giornata inizia con la liturgia preceduta da un momento di preghiera personale, ma ovviamente accompagnata da altre preghiere quotidiane e comunitarie. Gli studi non mancano nella nostra vita di noviziato, strumenti che saranno sempre utili negli impegni che ci saranno affidati e che arricchiscono la vita di un gesuita. Tutti questi sono accompagnati da alcuni momenti di intrattenimento, altri trascorsi insieme nello sport, in serate cinematografiche, giochi e un giorno speciale chiamato “giovedi di villa”, dedicato in particolare a visitare diversi luoghi della città e dei suoi dintorni, passeggiate in montagna o anche un rilassante giorno in spiaggia quando il tempo lo permette. Inoltre siamo chiamati a vivere in stretto legame alla vita spirituale delle persone che ci circondano, in particolare ai giovani, facendo apostolato in gruppi diversificati come il MEG, gli SCOUTS, o movimenti parrocchiali.

Trovando in Gesù il polo che offre l’equilibrio alla nostra esperienza e la cui grandezza riesce a racchiude tutta la nostra diversità, con certezza proseguiamo fiduciosi.

 

Raul P. Ciocani, novizio dal primo anno

Tutti in campo… per una vita piena!

di Daniele Angiuli

La vita comunitaria è come una grande partita di calcio. È l’immagine che mi è balenata durante il gioco in campo con i miei compagni, tra le corse e il fiato corto, le cadute e il sudore. Ciascuno nella propria posizione e al tempo stesso in stretta relazione con gli altri: chi in attacco, pronto a correre verso la porta e a segnare per la squadra; chi al centrocampo per recuperare palloni e fare da “ponte” tra i giocatori; chi in difesa per impedire agli avversari di avanzare; chi in porta per prendere la palla ed evitare la rete.

Non c’è un ruolo più eminente di un altro ma tutti sono necessari per la buona riuscita della partita, così come in comunità tutti sono importanti e ciascuno può dare il proprio contributo. È fondamentale che ciascuno faccia la propria parte senza declinarla ad altri, sapendo comunque di poter contare sull’aiuto dei compagni. Tutti chiamati, come dice Luciano Ligabue in “Una  vita da mediano”,” a coprire certe zone, a  giocare generosi” per essere “lì nel mezzo” della vita.

Credo che in campo l’unico pronome personale soggetto valido sia il “Noi”. Anche nella vita comunitaria è necessario passare dall’ individualismo dell’io alla comunione del “noi”, per pensare e agire al plurale come ci ricorda spesso papa Francesco. Se ogni giocatore in campo iniziasse a fare da sé, a correre come mina vagante,  non riuscirebbe nel suo obiettivo e anche se riuscisse a fare rete, non raggiungerebbe il vero “goal”: il gioco di squadra, la piena comunione con i suoi compagni. Così pure nella vita comunitaria in noviziato: è necessario guardare oltre la punta del proprio  naso, accorgersi di chi ci è accanto, del suo bisogno, avere il coraggio di fare un passo indietro e di passare la palla all’altro, sempre per il vero bene di tutti.

Ogni squadra ha il proprio allenatore: egli è responsabile della preparazione e delle strategie di gioco. È il primo che tifa per la propria squadra, si fida di ciascuno e insiste perché dia il massimo, secondo le proprie capacità. Mi piace pensare alla figura di Gesù come al vero allenatore, come aveva già intuito Carlo Nesti nel suo libro “Il mio allenatore si chiama Gesù”. Egli incoraggia, sprona, crede, spera in ciascuno di noi e nel lavoro di tutta la squadra; desidera che la nostra “gioia sia piena” (Gv 15,11).

È difficile a volte vivere secondo la proposta esigente di questo grande Allenatore, ma non impossibile. Occorre mettersi alla scuola del Vangelo, che ci prepara ad essere atleti come ci dice l’apostolo Paolo: “Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. ” (1 Corinzi 9,24-25).

Vivendo nella “squadra di Gesù”,  la nostra comunità, come ogni comunità cristiana, potrà davvero sperimentare, in mezzo alle difficoltà, il gusto di una esistenza piena, il sapore di una vera comunione.

 

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