GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Avvento

di Gianluca Severin

Non coerceri a maximo,
contineri tamen a minimo
divinum est

Quest’antico verso d’un anonimo giovane gesuita si potrebbe tradurre:

Non essere costretto da quanto di più grande,
farsi contenere da quanto di più piccolo,
questo è proprio di Dio

L’Avvento ci chiama all’attesa carica di speranza; nei secoli gli uomini hanno camminato senza sosta cercando quel luogo dove sentirsi a casa, innumerevoli notti hanno vegliato scrutando per quella luce che rischiarasse le loro giornate, alte grida hanno levato al cielo confidando in una risposta, hanno scavato fino ai confini dell’animo, con tutto se stessi hanno cercato dentro di sé per incontrare Qualcuno. L’uomo si è sentito chiamato fuori di sé, inquieto viandante, per incontrare Chi da sempre lo stava aspettando. Nel nostro desiderio di incontrarLo non riesce a costringerci quanto di più grande.

L’Avvento ci chiama all’attesa carica di lode; tanti momenti dei nostri giorni, tante cose della nostra quotidianità, tanti gesti delle nostre relazioni trascorrono fragili, umili, ordinari e persino banali. Eppure nella nostra vita abbiamo quei momenti speciali, quegli oggetti cari, quei gesti pieni di significato spesso giunti a noi inattesi, improvvisamente. Quando li raccontiamo agli altri, carichi di ricordi e di emozioni, ci ascoltano, trascinati dal nostro calore, ma possono capire fino in fondo perché quel pomeriggio in montagna, quella maglietta logora, quella lacrima hanno illuminato la nostra esistenza? Forse no, ma anch’essi hanno un frammento prezioso e possono immaginare quella gioia. Per incontrarLo quanto di più piccolo ci basta.

Nella sua vita come pellegrino e come compagno di Gesù santo padre Ignazio ha imparato a contemplare la rivelazione di Dio nella realtà umana e terrena. Nell’ultimo tratto del suo viaggio, ogni volta che voleva trovare Dio, Lo trovava.

Il Natale, Dio che sceglie di farsi uomo, apre uno spiraglio per contemplare queste realtà: nei rivolgimenti della storia, nelle vastità della geografia, lo Spirito scende, delicato e pieno d’affetto, sul ventre di una giovane ragazza. In un marginale villaggio della Galilea il Signore, Dio dell’Universo, l’atteso nei Secoli, si è fatto minuscolo embrione di carne umana.

In questi giorni d’Avvento lasciamo crescere in noi nella pace, nel silenzio, la promessa d’amore di una vita nuova.

E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità. (Gv 1, 14)

Venne ad abitare in mezzo a noi

di Gianluca Severin

Cupa e muta sul mondo incombe la notte. Gli uomini che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte si interrogano: chi sono io? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò? Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso Dio risponde, si fa uomo. La stella sfolgora: le tenebre permangono, ma la luce le squarcia, non si fa seppellire e indica il cammino. È un’unica festa, come in cielo così in terra: è giunta la pace promessa a tutti gli uomini perché Egli li ama.

Ovunque dispersi ecco i pastori; ci sono quelli che attendevano, quelli che temevano cosa sarebbe avvenuto, quelli che non se ne curavano: tutti costoro, per primi, ricevono la notizia, improvvisa nella faticosa noia di una fredda e solitaria notte. Alcuni accorrono, con stupore e speranza, primi testimoni del Dio-con-noi; altri restano alle loro occupazioni; alcuni non prestano ascolto, altri temono inganni e pericoli, altri non credono che ne valga la pena. Nel presepe ci sono tutti.

Da lontano giungono i Magi. Sapienti e assetati d’infinito, hanno affrontato, seguendo la stella, un cammino di desideri e dubbi, speranze e paure, arrivano a Betlemme. In quella stalla s’inginocchiano, davanti a quel bimbo nudo tra la nuda roccia la gioia è immensa, aprono i loro scrigni, offrono oro, incenso e mirra: Dio, che quanto di più grande non può contenere, abita ora quanto di più piccolo.

Sullo sfondo ecco Gerusalemme, maestosa e cadente, che respinge chi è nel bisogno e uccide i profeti che le sono mandati. Che cosa temi, o Erode, all’annuncio che il Re è nato? Compi la tua scelta: un Dio che non sia riflesso o puntello della tua gloria va distrutto; il potere si riafferma versando sangue innocente. Vuoi uccidere la Vita che, giacendo in una mangiatoia, fa vacillare il tuo trono. Non è venuto per essere servito ma per servire! Decreti, per eliminare quel solo, lo sterminio di tanti bambini: le madri straziate non ti fanno esitare, non ti commuove il lamento dei padri, non ti arresta il gemito dei neonati.

All’annuncio dell’angelo che le chiedeva di diventare la Madre di Dio, Maria aveva risposto con fiducia.

Giuseppe, uomo giusto, si era affidato alla volontà di Dio, si era fatto carico del mistero che avvolgeva quel bambino e la sua sposa.

Ora fuggono, soli in terra straniera, alla Sua promessa di una nuova vita seguono pericoli di morte. Lasciano tutto, conservando tutto nel loro cuore, con un bimbo tra le braccia che, giunto il tempo, li lascerà per occuparsi della cose del Padre, per compiere la Sua volontà e percorrere la strada che, da quella grotta, conduce al sepolcro e…

Il presepe narra l’amore di Dio che spogliò se stesso scegliendo la condizione di ogni essere umano, in qualunque condizione si trovi. Venne nella nostra verità perché ci ama, si espone al nostro rifiuto ma è sempre qui, dono senza condizioni. Mettete tutti nel vostro presepe, tutta la vostra vita, ogni vostra tradizione e gusto, e in un angolo, foss’anche povero e nascosto, mettete il bambino Gesù.

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