GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Una vita che ispira altre vite

di Nicolò Lorenzetto

Marzo 2022: in un Noviziato gesuita, tempo di anniversari. Nel marzo del 1522 il giovane Íñigo López de Loyola, ancora ai primi passi del proprio itinerario spirituale, si dirigeva verso il monastero mariano di Montserrat e di lì a Manresa. Poi, con un salto lungo un secolo, la memoria si sposta al 12 marzo 1622, giorno in cui Ignazio e Francesco Saverio vennero proclamati santi da Papa Gregorio XV, insieme a Teresa d’Avila, Filippo Neri e Isidoro l’agricoltore… No, non temete: in Noviziato non si studiano nomi e date con l’ansia per esami futuri! Solo per viaggiare tra le pagine dell’Autobiografia di sant’Ignazio di Loyola, il pellegrino, come amava definirsi.

Il racconto inizia dalla ferita di guerra a Pamplona; attraversa la convalescenza a Loyola, i dieci decisivi mesi trascorsi a Manresa, il pellegrinaggio a Gerusalemme, i periodi di studio a Barcellona, Alcalá de Henares, Salamanca, i lunghi anni di gestazione della Compagnia di Gesù a Parigi. Poi, lasciata la Francia, il ritorno nella terra natale, il ricongiungimento con i compagni parigini a Venezia, i mesi passati con san Pietro Favre e Giacomo Laínez a Vicenza, fino al viaggio definitivo, con destinazione Roma, dove avrebbe trascorso gli ultimi 18 anni della sua vita.

Il pellegrino si ferma, lui che aveva percorso migliaia di chilometri a piedi, da solo o insieme a coloro che si erano uniti a lui lungo la via. Mentre Francesco Saverio già parte missionario per annunciare il Vangelo in terre lontane, dall’India al Giappone alle porte della Cina, Ignazio resta a Roma, a dirigere il nuovo ordine religioso approvato nel 1540 da Papa Paolo III. Tuttavia il movimento del pellegrino non si interrompe, ma si trasforma in cammino interiore, sempre per una maggiore apertura alla ricerca della volontà di Dio, attraverso la preghiera, la lettura dei segni della realtà, per dare forma al nuovo Ordine.

Colta in quest’ottica, l’Autobiografia non perde il fascino che attira tutti gli appassionati di libri di viaggio, ma si rivela nella sua natura più profonda: quella di racconto della vita di un uomo che si è lasciato incontrare da Dio, si è innamorato di Lui, si è messo in movimento e ha cercato la propria strada per realizzare con Lui un progetto di vita.

C’è dunque una gradualità, vissuta come cammino, che per noi rappresenta una fonte di speranza, e un invito a guardare al nostro futuro con un atteggiamento di autentica apertura all’inatteso di Dio, di cui un primo forte assaggio è stato il Mese di Esercizi spirituali (cf Il cuore del carciofo di A. Di Mauro, da questo sito).

In questo modo, il rivolgere l’attenzione a un uomo vissuto cinque secoli fa non significa distogliere lo sguardo dalle sofferenze e le tragedie del mondo presente: ripercorrere i passi di sant’Ignazio non serve a fuggire lontano da una cronaca che parla di guerra e distruzione, ma a scoprire in quei passi il tesoro perenne del carisma del discernimento, che può aiutare tutti noi a compiere la volontà di Dio nel nostro tempo, nella realtà che ci circonda. Perché volere che si compia la volontà di Dio nell’intera famiglia umana, dire un pieno “sì!” a quel progetto d’amore secondo cui «una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (Is 2,4), significa anche e anzitutto scegliere di partire da ciascuno di noi, aprendoci con fiducia a cercare, approfondire, dialogare, vivere la realtà per come si presenta, per poter così trovare la volontà di Dio nelle e per le nostre vite.

Nicolò Lorenzetto

L’esame di coscienza – cosa aspetti a farlo?

di Giacomo Mottola

L’esame della giornata è una delle preghiere caratteristiche dei Gesuiti anzi potremmo dire che essa costituisce per noi quello che è il coro per i monaci. Non è soltanto una preghiera vocale e i suoi effetti durano a lungo. Col tempo l’esame della giornata diventa un vero e proprio stile di vita, uno stile di vita ignaziano.

Certamente non fu Sant’Ignazio ad inventare questo esercizio di preghiera che era presente nella chiesa fin dai primi secoli. No, è un po’ come la storia dell’America: l’ha scoperta Colombo ma non avendo ancora capito l’importanza di quello che aveva scoperto, per sua buona pace, fu Amerigo Vespucci a dargli il nome. Così Ignazio prendendo spunto da esperienze precedenti ha composto il suo esame. Grazie poi alla diffusione dei Gesuiti in tutto il mondo è diventato il modello di esame di “coscienza” per antonomasia. Metto coscienza tra virgolette perché quello di Ignazio, come vedremo, non è solo uno di quegli esami che servono per confessarsi ma molto di più.

Ma a cosa serve?

É difficile fare un elenco dei “benefici” di questa orazione per il semplice fatto che essendo qualcosa di spirituale i suoi effetti vanno anche al di là di quello che possiamo conoscere e comprovare ma, limitandomi a quelli che sono più immediatamente percepibili, proverò ad illustrarne qualcuno che fino ad ora ho potuto sperimentare.

Innanzitutto l’esame inizia col passare in rassegna i motivi per cui ringraziare Dio nella giornata (o mezza giornata se lo si fa 2 volte al giorno). Non solo ringraziarlo per quello che di bello è successo ma possiamo brevemente estendere il ringraziamento fino a ringraziare per la creazione, per i suoi colori, per la vita… ogni giorno è possibile trovare qualcosa di nuovo! Possiamo ringraziare per la salvezza che ha operato Gesù e per quei momenti della giornata in cui abbiamo riconosciuto la presenza di Dio… Così con gli occhi pieni della resurrezione impariamo a vivere la vita in gratitudine. Questo nei giorni tristi è come un giro sulle giostre e in un attimo ritorna il sole. Vivere da persone grate è il primo effetto a lungo termine dell’esame. Poi si prosegue con la richiesta dello Spirito Santo per poter guardare la propria vita con gli occhi di Dio, che sono gli occhi della misericordia. Guardare la propria vita come la vede Dio è l’unico modo di guardare correttamente a se stessi comprendendosi come figli amati. Questo è un altro effetto a lungo termine dell’esame. Il terzo punto è esaminare la propria giornata e dirsi: bene, davanti a tutto questo amore io come ho risposto?

Ecco che le colpe e il peccato non sono centrate sulla nostra condotta ma sulla rottura della relazione con colui che ci ama. Decentrarci, mettere al centro Gesù è uno degli effetti più liberanti di questo esercizio. Ecco che giunge il momento di prendere le distanze dal male e dal peccato proponendoci non solo di non ricommetterlo nell’avvenire ma anche cercando di trovare un modo per prevenire le future cadute. Ecco questo è un po’ come tenere alta la guardia sapendo che la vita è una lotta contro il potere delle tenebre. L’esame ci aiuta ad avere una strategia per vincere. Infine possiamo dire il nostro amore a Dio, chiedendo perdono al Padre per le eventuali mancanze e ristabilire la nostra alleanza con Lui nel nome di Gesù. Ecco l’esame ci rimette in piedi e ci rimette tra le braccia del Padre per il prossimo pezzo di strada, ma non è finita! Col tempo, infatti, esame dopo esame, si sviluppa una vigilanza costante sulle proprie azioni e sulla relazione con Dio che ci porta a vivere sempre più intensamente uniti a Dio e a vigilare nell’attesa del ritorno di Cristo.

Cosa aspetti a farlo?

 

Per saperne di più: https://getupandwalk.gesuiti.it/lesame-di-coscienza/

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