GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Tre passi verso il Natale in noviziato

28 Dic 2017

Il primo Natale in noviziato. E’ la prima volta che trascorro il Natale al di fuori del mio ambiente familiare, lontano dalle tradizioni del mio piccolo paese casertano. E’ un tempo di novità. A me e agli altri novizi del primo anno sono stati affidati tre compiti che hanno scandito il progressivo ingresso di questa significativa novità: le preparazioni del presepe e dell’albero, l’animazione della novena. Sono stati importanti passi che mi hanno aiutato ad abitare la casa del noviziato in questo tempo di attesa. Le attività hanno dato vita a un duplice movimento: andare verso il nuovo Natale e andare con più intimità verso gli spazi della casa che da tre mesi circa respiro.

Il presepe fa da specchio a questa dinamica del cammino. E’ strutturato in modo particolare: lo scheletro su cui l’abbiamo costruito ha la forma di una scala, e su ogni gradino abbiamo posto una citazione biblica che indica un momento o un personaggio della storia della salvezza. Credo che questo sia anche il senso del presepe in generale: una novella di gradini, di salita, di fatica e consolazione, mossa dalla tenerezza del Dio salvatore e bambino, amante e desideroso del mio amore. Il presepe in fondo è questo: un Dio coraggioso venuto per me, solo per me.

Sulla vetta della struttura dominano Maria, Giuseppe, Gesù.

Il secondo passo – in ordine cronologico – è stato l’allestimento dell’albero. Roba da ridere! A un certo punto ero a terra piegato in due a causa delle risate. Mi sono divertito! E’ stato un momento di gioia e di colore.

L’albero, come il segno precedente, mi comunica qualcosa del Natale. E’ un simbolo di vita. E anch’esso fa da specchio a un aspetto della mia vita da novizio: sull’albero alcuni punti contengono palle colorate e nastrini luccicanti, altri invece sono più vuoti e meno luminosi. Così è la mia vita, la vita di un ragazzo poco più che ventenne in noviziato. E’ un altalena che dondola, come le vite di tutti, tra momenti gioiosi e momenti in cui si suda.

La novena. E’ l’ultimo compito dell’avvento affidato ai novizi del primo anno. E’ iniziata il 16 dicembre. A turno ogni novizio, dopo la lettura breve, ha condiviso un piccolo pensiero. Ci siamo cimentati chiamando in causa la dolcezza, la grandezza, la fedeltà di Dio, il cammino verso la santità, l’invito a mettere in gioco i nostri talenti. Un caleidoscopio di temi. E’ stata un’occasione per approfondire un aspetto del Natale, per guardare a un tratto piccolino del sorriso di quel Dio vicino. La novena termina il giorno della vigilia, il giorno che precede la grande festa. Ci accompagna fino all’ultimo istante dell’Avvento.

Il 25 abbiamo celebrato l’Eucaristia in comunità all’interno del noviziato. Tutti questi passi ci hanno preparato all’incontro di quel giorno. Ma mi insegnano anche di più. Mi insegnano che c’è un altro Natale, che non coincide con il 25 dicembre. E’ il Natale quotidiano, più nascosto del mio cammino personale. E’ un Natale imprevedibile, che sorprende e a volte spiazza. E’ il Natale del 25 del mio cuore, e non del calendario. Questo Natale avviene ogni volta che in qualche modo faccio esperienza del Dio sempre vicino, un Dio compagno o amico.

Avvento

di Gianluca Severin

Non coerceri a maximo,
contineri tamen a minimo
divinum est

Quest’antico verso d’un anonimo giovane gesuita si potrebbe tradurre:

Non essere costretto da quanto di più grande,
farsi contenere da quanto di più piccolo,
questo è proprio di Dio

L’Avvento ci chiama all’attesa carica di speranza; nei secoli gli uomini hanno camminato senza sosta cercando quel luogo dove sentirsi a casa, innumerevoli notti hanno vegliato scrutando per quella luce che rischiarasse le loro giornate, alte grida hanno levato al cielo confidando in una risposta, hanno scavato fino ai confini dell’animo, con tutto se stessi hanno cercato dentro di sé per incontrare Qualcuno. L’uomo si è sentito chiamato fuori di sé, inquieto viandante, per incontrare Chi da sempre lo stava aspettando. Nel nostro desiderio di incontrarLo non riesce a costringerci quanto di più grande.

L’Avvento ci chiama all’attesa carica di lode; tanti momenti dei nostri giorni, tante cose della nostra quotidianità, tanti gesti delle nostre relazioni trascorrono fragili, umili, ordinari e persino banali. Eppure nella nostra vita abbiamo quei momenti speciali, quegli oggetti cari, quei gesti pieni di significato spesso giunti a noi inattesi, improvvisamente. Quando li raccontiamo agli altri, carichi di ricordi e di emozioni, ci ascoltano, trascinati dal nostro calore, ma possono capire fino in fondo perché quel pomeriggio in montagna, quella maglietta logora, quella lacrima hanno illuminato la nostra esistenza? Forse no, ma anch’essi hanno un frammento prezioso e possono immaginare quella gioia. Per incontrarLo quanto di più piccolo ci basta.

Nella sua vita come pellegrino e come compagno di Gesù santo padre Ignazio ha imparato a contemplare la rivelazione di Dio nella realtà umana e terrena. Nell’ultimo tratto del suo viaggio, ogni volta che voleva trovare Dio, Lo trovava.

Il Natale, Dio che sceglie di farsi uomo, apre uno spiraglio per contemplare queste realtà: nei rivolgimenti della storia, nelle vastità della geografia, lo Spirito scende, delicato e pieno d’affetto, sul ventre di una giovane ragazza. In un marginale villaggio della Galilea il Signore, Dio dell’Universo, l’atteso nei Secoli, si è fatto minuscolo embrione di carne umana.

In questi giorni d’Avvento lasciamo crescere in noi nella pace, nel silenzio, la promessa d’amore di una vita nuova.

E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità. (Gv 1, 14)

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