GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Custodire l’assenza

04 Feb 2019

Partire… è un verbo che nella vita del novizio gesuita ricorre spesso, in alcuni momenti addirittura la affolla. Partire… un verbo che esprime un movimento duplice, o meglio due movimenti che si intrecciano: l’altro che va via e io che resto con me e la mia interiorità, o al contrario, io mi allontano con il bagaglio del mio mondo interiore e l’altro che resta fermo a guardarmi scomparire. Sarà capitato credo a tutti di salire su un treno, voltarsi, dare un’occhiata alla stazione da cui si è partiti e notare che lui o lei è ancora lì a guardarti andare via, a guardarti mentre il treno inesorabile e sordo ti trascina altrove.

La partenza lascia uno spazio aperto, dove si libera l’assenza di chi non c’è ora, o meglio non è fisicamente presente. Tale assenza può provocare e portare alla scoperta di un modo nuovo di stare in relazione, custodendo l’altro al di là del corpo. Il bambino pensa che se non vede la mamma, questa non ci sia e basta. La vita ti prende per mano e ti accompagna un poco alla volta a maturare una dimensione diversa in cui accogliere e conservare la presenza dell’altro, è il giardino della memoria. Un luogo interiore, vasto, dove la presenza amica viene ricordata e custodita.

L’ultima assenza che la comunità del noviziato sta sperimentando è quella dei novizi di primo anno, che sono impegnati in questi giorni nell’intensa palestra degli Esercizi Spirituali. Non parlo della settimana, ma dell’intero Mese. Eravamo sedici in casa e ora siamo sei, più tre formatori. La casa è più vuota e silenziosa.  Io e i miei compagni di secondo anno abbiamo deciso di rispondere all’assenza attuando la possibilità della preghiera, favoriti dal clima della casa che a mio parere sembrava invitare a questa scelta.  E’ stato un tempo di rilettura dei tre mesi trascorsi, ma non solo. La reazione non è stata soltanto un guardare alle cose state, è stato uno sguardo responsabile rivolto al presente, che dal presente si lasciasse afferrare. Loro sono lì a fare gli Esercizi, e noi abbiamo deciso di accompagnarli con la preghiera, sostenerli nella faticosa traversata. I segni scelti sono stati due. Il primo. Ciascuno di noi, un giorno della settimana assegnato, dedica ai novizi esercitanti l’ora di meditazione del mattino, e durante la Messa comunitaria a loro rivolge un’intenzione di preghiera. Il secondo. Il venerdì, alle diciannove, ci ritroviamo a pregare il rosario per la stessa ragione.

Sono due esperienze di intercessione che tendono a risignificare la partenza e la relativa assenza. Loro, partiti, non sono semplicemente assenti, bensì ritrovati nella preghiera. Chiudere gli occhi, concentrarsi, respirare lentamente, tacere o proferire un’intenzione elaborata nel mentre di quel silenzio o pronunciare le parole ripetitive del rosario diventano i luoghi nei quali scoprire che in Dio l’altro – i compagni impegnati nel Mese – è ritrovato in modo nuovo. Diventano luoghi dove sperimentare una diversa e feconda relazione, di aiuto fraterno. Distanti, ma in Dio ritrovati.

La ripetizione della preghiera: una frustrazione o un approfondimento?

di Andrea Cassar

Nel mese di Esercizi Spirituali, ho vissuto e sperimentato per la prima volta quella che Sant’Ignazio di Loyola chiama la ‘Ripetizione di una meditazione o contemplazione’, che consiste nel meditare un brano evangelico o un esercizio previsto da Sant’Ignazio per la seconda volta, soffermandosi sui punti in cui si è sentito maggior consolazione o desolazione o maggior sentimento spirituale (Esercizi Spirituali [62,2]).

Quando ho saputo che dovevo fare questo tipo di esercizio, sentii subito un po’ di frustrazione e mi chiesi: “Che cosa potrà dirmi di nuovo questo brano?” Questo pensiero mi ha accompagnato anche prima del mese di Esercizi e, infatti, mi è capitato spesso di meditare lo stesso brano del Vangelo con un atteggiamento abbastanza diffidente e insensibile. Questa volta, però, notavo che dietro alla mia frustrazione e insoddisfazione c’era una verità ancor più importante da scoprire: che il protagonista della preghiera non sono io e quelli che potrebbero essere i miei pensieri e le mie aspettative. Al contrario, è la presenza benevola del Signore che mi aspetta e desidera incontrarmi così come sono, anche se mi potrei sentire lontano da Lui.

Nella Lettera agli Ebrei, San Paolo scrive che la parola di Dio è viva, efficace e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore (cfr. Eb 4,12); nel tenere ben presente questa verità, non sentivo più il bisogno di preoccuparmi nel meditare lo stesso brano e le stesse parole del Vangelo. Questa esperienza mi ha portato molta libertà interiore e mi ha insegnato a lasciar perdere le mie aspettative e tutti gli ideali che mi ponevo ancor prima di iniziare il momento della preghiera. Con questa disposizione d’animo, ho potuto affrontare e approfondire le diverse ripetizioni dei brani evangelici, osservando con maggior chiarezza come il Signore mi stesse parlando attraverso i movimenti interiori. Infatti, ci sono stati alcuni giorni specifici dove ho sperimentato più “gusto” durante la preghiera di ripetizione a confronto della prima contemplazione, che si dimostrò molto difficile e pesante.

Credo che questo metodo di Sant’Ignazio possa essere utile e valido non soltanto per la preghiera personale e comunitaria ma per la vita quotidiana di ognuno di noi. Spesso, ci ritroviamo a vivere delle giornate che sono un susseguirsi di avvenimenti, più o meno simili, e può essere che la prima reazione sia quella di lamentarci, forse anche arrenderci alla sorprese e alla bellezza che ci possono regalare. In un mondo dove la felicità pare che dipenda dalle novità del mercato e dai tanti piaceri mondani che appesantiscono l’anima e lasciano sempre più arido il cuore, fermarsi e prendersi del tempo per rileggere e approfondire il vero senso di quello che facciamo ogni giorno, può sembrare insensato e, addirittura, spreco di tempo. Questa tentazione è reale ed è presente in tutti noi, e potrebbe condurci a vivere la nostra quotidianità con mediocrità. Decidere di agire contro questa tentazione ci aiuterà a riconoscere la Sua presenza viva e consolante propria là dove tutto sembra noioso, sconosciuto e morto.

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