GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Info

Amore, lontananza, comunione

01 Feb 2019

Ognuno di noi è convinto che sia impossibile amare qualcuno senza in qualche modo essergli vicino. L’amante, per definizione, è attraversato da una continua tensione che lo spinge a ricercare l’amato. Il poeta latino Tito Lucrezio Caro, nel suo De rerum natura, tratteggia in maniera magistrale questa caratteristica dell’amore facendo riferimento all’unione carnale dei due amanti. Nella massima espressione dell’amore fisico, entrambi cercano di “perdersi nell’altro corpo con tutto il corpo”(RN IV, 1095). Un desiderio di fusione che non può trovare compimento e che dunque si riattiva continuamente. D’altra parte, anche le forme dell’amore che non trovano espressione nell’unione dei corpi, come l’affetto che si prova nei confronti di genitori e amici, richiedono una certa prossimità per potersi mantenere vive. È qui che sorge una delle più ricorrenti obiezioni alla vita religiosa intrapresa dal novizio. Obiezione che spesso e volentieri è mossa proprio dai genitori: «come puoi dire di amarci, se hai scelto di vivere una vita lontano da noi?». Una simile critica potrebbe essere avanzata anche dagli amici di sempre e dalle persone incontrate durante le esperienze apostoliche che ci mettono a contatto con i giovani e con i poveri. Le esigenze della formazione non permettono di stabilire con loro legami duraturi. Eppure è possibile vivere una forma di comunione anche nella
lontananza. La preghiera d’intercessione colma questa distanza riempiendola d’amore. La richiesta di benefici concreti in favore di coloro per i quali si prega, non ne esaurisce il significato. Ciò che più di ogni altra cosa è vitale in questo tipo di orazione è il percepire su di sé e sugli altri lo sguardo misericordioso del Padre che con il suo abbraccio d’amore ci trasforma in una cosa sola (Gv 17,20). Questa preghiera ci aiuta a ritrovare l’unità pur vivendo la dispersione ed è maestra del mistero dell’amore tra Dio e noi, dove convivono amore, lontananza e comunione.

Contemplativi nell’azione

di Gianluca Severin

I gesuiti predicano la Parola e guidano esercizi, celebrano l’eucaristia e riconciliano chi si pente, camminano con gli ultimi e gli esclusi, riparano relazioni, accompagnano giovani, custodiscono il creato, lavorano nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali, compongono canzoni, studiano l’universo, compiono tutte le opere che paiono utili alla gloria di Dio e al bene comune… e, così facendo, pregano. Non è facile: nel flusso degli eventi a fatica ne cogliamo il senso spirituale, immersi nel lavoro e nelle relazioni di rado conserviamo il silenzio interiore di luce eterna in cui abita Dio. Per questo iniziamo il cammino per le strade del mondo nella quiete del noviziato.

Dio ci ha chiamati, in un mormorio di brezza leggera (1Re 19, 12), per parlare al nostro cuore. Qui il Padre ci accoglie e ci custodisce, ci abbraccia, noi sussurriamo “Abbà…”. Quanto più ci avviciniamo e uniamo al Creatore, tanto più riceviamo il Suo amore e la Sua grazia. Qui il Figlio ci salva dalla fredda e tetra noia di un’esistenza spesa per me stesso, non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. (Gal 2,20), ci unisce intimamente alla volontà di salvare ogni creatura, di essere mandati nel mondo con cuore mite e umile, libero e generoso per ogni fratello smarrito. Qui lo Spirito dona fede, speranza e amore, in noi fioriscono l’adorazione e l’impegno nel mondo. Qui entriamo nel mistero, nell’intimità della Persona. Chi ascolta la Sua Parola può percepire anche il Suo silenzio, così da agire tramite la Sua Parola e da essere riconosciuto tramite il Suo silenzio; il nostro cuore diviene altare di un’incessante preghiera, la nostra vita un’offerta viva, santa, gradita a Dio (Rm 12,1). Nel vortice delle giornate questo silenzio interiore ci permette di rimanere alla Sua presenza e di scorgerLo in tutte le cose.

Ora la vita che fiorisce, il sole raggiante sulla pelle, la purezza dell’acqua tra le dita, il vento vigoroso sul volto risuonano in noi nella lode. L’allegria con quanti sono nella gioia, la tristezza con quanti sono nel pianto (Rm 12,15), l’ascolto e l’accoglienza, l’amore vivo e concreto per ogni persona, per tutta la persona risuonano in noi nel servizio. Partecipi delle speranze e alle lotte degli uomini, viviamo desiderio che venga il Suo Regno, che sia fatta la Sua volontà. D’ogni gesto di bontà, della bellezza d’ogni sorriso, d’ogni squarcio di verità, d’ogni scelta libera possiamo ringraziare. Per ogni fratello, per chi incontriamo, per chi aiutiamo, per chi ci aiuta, per chi ci osteggia possiamo intercedere. Di ogni egoismo, di ogni indifferenza, di ogni chiusura possiamo pentirci. Nella realtà che ci interpella possiamo ascoltare e discernere, pronti e disponibili ai segni dello Spirito.
Quel che prima ci distraeva e distoglieva ora è l’orizzonte in cui cercare e trovare Dio: il nostro monastero è il mondo.

[Chiunque voglia unirsi alla Compagnia] Faccia anche in modo di avere dinanzi agli occhi, finché vivrà, prima d’ogni altra cosa, Iddio (Formula Instituti)

 

 

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