GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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E vide che era cosa molto buona

di Gianluca Severin

Tra le esperienze che costellano la vita in noviziato ci sono le uscite che ogni settimana viviamo insieme, camminando nella natura che circonda la città.

Quando arriviamo in vetta, sotto il cielo profondissimo, su picchi sospesi, circondati dai monti e dal mare, la nostra meraviglia sboccia nella lode. Il Signore passò per questi boschi, spargendo con premura mille grazie, e mirandoli per via, con il suo solo volto, li lasciò rivestiti di bellezza. Le creature sono un’orma del passo di Dio, grazie a cui si intuiscono la Sua grandezza, potenza, sapienza. (San Giovanni della Croce)

Il cuore si unisce a ogni creatura che canta la gioia della propria esistenza, che proclama la Sua infinita creatività, la Sua somma sapienza, la Sua eterna tenerezza. Davanti a noi si apre uno spazio immenso in cui tutto prende misura infinita, e in noi tanto si allarga il desiderio di altezze, di splendore, di libertà.

E qui, senza averlo chiesto, senza averlo meritato, ci sono anche io. Si, ci sono, Dio onnipotente che mia hai creato e amato, e Ti ringrazio di esserci, e di essere quello che sono, davanti a Te.

Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza, la terra è piena delle tue creature [Sal 103, 24]

Mentre l’orecchio s’immerge nel silenzio, e s’accorge del rombo lontano d’una cascata, dello stormire di fronde, dello stridio di un falco, sgorga in noi il senso del sacro.

Mi prende un profondissimo rispetto e, al contempo, mi trattengo nella somma intimità nella quale mi accoglie; sono pervaso da un’abissale indegnità e, al contempo, di dolcissima fierezza quando Si fa prossimo: “Non aver paura. sono io”. Di fronte al sublime, non ho paura ma sono attratto, innamorato; di fronte all’ignoto non mi ammutolisco ma dialogo delle cose più profonde e sincere della vita; di fronte all’infinito, non fuggo ma mi affido, mi lascio abbracciare; di fronte al mistero, non mi ritraggo ma mi apro all’amicizia, alla comunione. E percepisco tutto opera di Dio, me stesso opera di Dio, e Dio all’opera nella vita.

Lo Spirito del Signore riempie l’universo, e abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce [Sap 1,7]

Mentre riposiamo insieme tra rocce che si protendono al cielo, plasmate e vivificate dalla luce che splende, dal vento che soffia, dall’acqua che scorre, viviamo non come servi, non come padroni ma da amici.

Condividiamo il cammino, ritmato dal lento e perseverante salire, e le pause, le stanchezze e gli ardimenti, la fatica e la meraviglia. Condividiamo il pane e l’acqua, un gesto quotidiano, ma che dopo una comune fatica è più franco e sereno, ha un sapore di maggiore intimità. Condividiamo le storie che ognuno ha da raccontare, il passato che l’ha condotto qui, il futuro che intravede all’orizzonte, le paure e le passioni, le risate e le tristezze, i dubbi e gli entusiasmi. Condividiamo la silenziosa reciproca compagnia. E mi sento tra fratelli.

Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro [Mt 18, 20]

Vivendo questo ci salviamo: nella lode, nel sacro, nell’amicizia di Dio si realizza già la nostra salvezza, la pienezza di vita.

L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore e per salvare, mediante ciò, la propria anima; e le altre cose sulla faccia della terra sono create per l’uomo affinché lo aiutino al raggiungimento del fine per cui è stato creato. [Principio e fondamento degli Esercizi Spirituali]

 

Contemplativi nell’azione

di Gianluca Severin

I gesuiti predicano la Parola e guidano esercizi, celebrano l’eucaristia e riconciliano chi si pente, camminano con gli ultimi e gli esclusi, riparano relazioni, accompagnano giovani, custodiscono il creato, lavorano nelle scuole, nelle carceri, negli ospedali, compongono canzoni, studiano l’universo, compiono tutte le opere che paiono utili alla gloria di Dio e al bene comune… e, così facendo, pregano. Non è facile: nel flusso degli eventi a fatica ne cogliamo il senso spirituale, immersi nel lavoro e nelle relazioni di rado conserviamo il silenzio interiore di luce eterna in cui abita Dio. Per questo iniziamo il cammino per le strade del mondo nella quiete del noviziato.

Dio ci ha chiamati, in un mormorio di brezza leggera (1Re 19, 12), per parlare al nostro cuore. Qui il Padre ci accoglie e ci custodisce, ci abbraccia, noi sussurriamo “Abbà…”. Quanto più ci avviciniamo e uniamo al Creatore, tanto più riceviamo il Suo amore e la Sua grazia. Qui il Figlio ci salva dalla fredda e tetra noia di un’esistenza spesa per me stesso, non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. (Gal 2,20), ci unisce intimamente alla volontà di salvare ogni creatura, di essere mandati nel mondo con cuore mite e umile, libero e generoso per ogni fratello smarrito. Qui lo Spirito dona fede, speranza e amore, in noi fioriscono l’adorazione e l’impegno nel mondo. Qui entriamo nel mistero, nell’intimità della Persona. Chi ascolta la Sua Parola può percepire anche il Suo silenzio, così da agire tramite la Sua Parola e da essere riconosciuto tramite il Suo silenzio; il nostro cuore diviene altare di un’incessante preghiera, la nostra vita un’offerta viva, santa, gradita a Dio (Rm 12,1). Nel vortice delle giornate questo silenzio interiore ci permette di rimanere alla Sua presenza e di scorgerLo in tutte le cose.

Ora la vita che fiorisce, il sole raggiante sulla pelle, la purezza dell’acqua tra le dita, il vento vigoroso sul volto risuonano in noi nella lode. L’allegria con quanti sono nella gioia, la tristezza con quanti sono nel pianto (Rm 12,15), l’ascolto e l’accoglienza, l’amore vivo e concreto per ogni persona, per tutta la persona risuonano in noi nel servizio. Partecipi delle speranze e alle lotte degli uomini, viviamo desiderio che venga il Suo Regno, che sia fatta la Sua volontà. D’ogni gesto di bontà, della bellezza d’ogni sorriso, d’ogni squarcio di verità, d’ogni scelta libera possiamo ringraziare. Per ogni fratello, per chi incontriamo, per chi aiutiamo, per chi ci aiuta, per chi ci osteggia possiamo intercedere. Di ogni egoismo, di ogni indifferenza, di ogni chiusura possiamo pentirci. Nella realtà che ci interpella possiamo ascoltare e discernere, pronti e disponibili ai segni dello Spirito.
Quel che prima ci distraeva e distoglieva ora è l’orizzonte in cui cercare e trovare Dio: il nostro monastero è il mondo.

[Chiunque voglia unirsi alla Compagnia] Faccia anche in modo di avere dinanzi agli occhi, finché vivrà, prima d’ogni altra cosa, Iddio (Formula Instituti)

 

 

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