GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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https://archden.org/religious_order/missionaries-of-charity-m-c/#.XNL7Mo4zbIX

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Info

Essere nuova creatura (Gal 6,15)

10 Mag 2019

22 Aprile 2019: Aeroporto di Genova, ore 13.40. L’addetta al controllo dei documenti dei passeggeri in arrivo dal volo proveniente da Tirana, dopo aver visionato la mia carta d’identità, mi chiede sorridendo: «Vacanza?» E io, divertito: «No, in realtà sono un religioso e sono stato in Albania per un’esperienza apostolica». Tralasciando il fatto che un simile dialogo con me come protagonista, l’avrei bollato come fantascienza fino a qualche anno fa, desidero raccontarvi qualcosa del periodo che ho trascorso nel paese delle Aquile.

Uno dei ricordi più belli che conservo è l’incontro con le Missionarie della Carità, l’istituto religioso femminile fondato da Madre Teresa. Durante il periodo che ho trascorso a Tirana e a Scutari, ho prestato servizio più di una volta nelle loro residenze e ho potuto conoscere da vicino il loro lavoro. Ciò che caratterizza il loro carisma è l’impegno a servire “i più poveri fra i poveri” e vi assicuro che incarnano questo ideale alla grande. Nelle strutture da loro gestite, sono accolti e ospitati in maniera stabile, persone affette fin dalla nascita da gravi disabilità sia fisiche che mentali e per questo rifiutate dai genitori, e diversi anziani che per ragioni d’età non sono più autosufficienti e che, privi dell’aiuto della famiglia, non ricevono più alcuna forma di assistenza. Ogni giorno provvedono tutto ciò che è necessario per assicurare loro una vita dignitosa.

A stupirmi però non è stato quello che fanno! Quello che mi ha sconvolto è il loro aspetto angelico. Nonostante conducano una vita molto austera, caratterizzata da numerose privazioni e osservino un ritmo di lavoro difficile da sostenere, il loro volto è sempre raggiante, una maschera di pace e di gioia, roba da fare invidia a un monaco buddhista. Sono molto gentili e accoglienti con gli ospiti, sempre mansuete e pazienti con le persone di cui si prendono cura e anche capaci di umorismo e ironia. Frequentando le loro residenze si capisce in concreto di cosa parlava Paolo quando diceva che ciò che conta è “l’essere nuova creatura” (Gal 6,15). Parlando con loro, si rimane poi colpiti sentendole affermare che il servizio ai poveri, la loro principale occupazione, non è il centro della loro vita e che tutto il loro impegno ha origine e trae senso dalla relazione con Gesù, che ci trasforma e che ci rende sempre più simili a Lui.

Questo incontro mi ha confermato nella certezza che il servizio ai fratelli e la preghiera regalano quella pienezza cui aspiriamo profondamente e che altre ricette non sono in grado di garantirci. Seguire il Signore, a volte può sembrare spersonalizzante, ma è proprio nel decentramento da noi stessi e nella morte del nostro egoismo e del nostro narcisismo che troviamo ciò che realmente desideriamo.

La ripetizione della preghiera: una frustrazione o un approfondimento?

di Andrea Cassar

Nel mese di Esercizi Spirituali, ho vissuto e sperimentato per la prima volta quella che Sant’Ignazio di Loyola chiama la ‘Ripetizione di una meditazione o contemplazione’, che consiste nel meditare un brano evangelico o un esercizio previsto da Sant’Ignazio per la seconda volta, soffermandosi sui punti in cui si è sentito maggior consolazione o desolazione o maggior sentimento spirituale (Esercizi Spirituali [62,2]).

Quando ho saputo che dovevo fare questo tipo di esercizio, sentii subito un po’ di frustrazione e mi chiesi: “Che cosa potrà dirmi di nuovo questo brano?” Questo pensiero mi ha accompagnato anche prima del mese di Esercizi e, infatti, mi è capitato spesso di meditare lo stesso brano del Vangelo con un atteggiamento abbastanza diffidente e insensibile. Questa volta, però, notavo che dietro alla mia frustrazione e insoddisfazione c’era una verità ancor più importante da scoprire: che il protagonista della preghiera non sono io e quelli che potrebbero essere i miei pensieri e le mie aspettative. Al contrario, è la presenza benevola del Signore che mi aspetta e desidera incontrarmi così come sono, anche se mi potrei sentire lontano da Lui.

Nella Lettera agli Ebrei, San Paolo scrive che la parola di Dio è viva, efficace e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore (cfr. Eb 4,12); nel tenere ben presente questa verità, non sentivo più il bisogno di preoccuparmi nel meditare lo stesso brano e le stesse parole del Vangelo. Questa esperienza mi ha portato molta libertà interiore e mi ha insegnato a lasciar perdere le mie aspettative e tutti gli ideali che mi ponevo ancor prima di iniziare il momento della preghiera. Con questa disposizione d’animo, ho potuto affrontare e approfondire le diverse ripetizioni dei brani evangelici, osservando con maggior chiarezza come il Signore mi stesse parlando attraverso i movimenti interiori. Infatti, ci sono stati alcuni giorni specifici dove ho sperimentato più “gusto” durante la preghiera di ripetizione a confronto della prima contemplazione, che si dimostrò molto difficile e pesante.

Credo che questo metodo di Sant’Ignazio possa essere utile e valido non soltanto per la preghiera personale e comunitaria ma per la vita quotidiana di ognuno di noi. Spesso, ci ritroviamo a vivere delle giornate che sono un susseguirsi di avvenimenti, più o meno simili, e può essere che la prima reazione sia quella di lamentarci, forse anche arrenderci alla sorprese e alla bellezza che ci possono regalare. In un mondo dove la felicità pare che dipenda dalle novità del mercato e dai tanti piaceri mondani che appesantiscono l’anima e lasciano sempre più arido il cuore, fermarsi e prendersi del tempo per rileggere e approfondire il vero senso di quello che facciamo ogni giorno, può sembrare insensato e, addirittura, spreco di tempo. Questa tentazione è reale ed è presente in tutti noi, e potrebbe condurci a vivere la nostra quotidianità con mediocrità. Decidere di agire contro questa tentazione ci aiuterà a riconoscere la Sua presenza viva e consolante propria là dove tutto sembra noioso, sconosciuto e morto.

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