Il novizio gesuita si autopercepisce -non fategliene una colpa..è il suo D.N.A- come il superapostolo 2.0, un piccolo Paolo di Tarso, una creatura mitologica in grado di sopravvivere sia alle liturgie della vita mondana che nella giungla della Santa Romana Chiesa. I lavori di casa, si sa, servono tra le altre cose, proprio a questo: a mitigare l’idealismo del novizio che, nella sua ingenuità, si vede già missionario nelle foreste della Papua Nuova Guinea. Questi impieghi manuali servono a evitare che le proprie fisime apostoliche brucino una vocazione ancora agli albori. I lavori di casa ci inculcano, con tanta ironia, un concetto molto semplice: Siamo ancora dei giovani padawan e la strada per diventare maestri jedi è ancora lunga. Fratel Paride è uno di quelli che cura il nostro addestramento. Niente allenamento con la spada laser o piscocinesi però! Uno degli esercizi più gettonati dal nostro formatore risponde al nome di un lavoro arcinoto: “Togliere le erbacce”.
Non c’è bisogno di troppe parafrasi per chiarire di cosa parliamo: si tratta di ripulire l’orto e il giardino, eliminando le erbe infestanti. Le erbacce sono in grado di sottrarre alle piante luce, acqua e sostanze nutritive. In parole povere si nutrono a danno delle coltivazioni. Il compito comunque, è alquanto frustrante poiché poche settimane dopo la loro rimozione, ne ricrescono puntualmente delle nuove. Il novizio gesuita però, è bene ricordarlo, è dotato di geni spirituali a parte, che lo rendono abile alla contemplazione nell’azione, capace di trarre intuizioni spirituali anche dalla pulizia di w.c e bidet. Potrà dunque svolgere una tale mansione senza partire per la tangente, dando così vita a paralleli improbabili tra il lavoro campestre e la vita spirituale? Vi risparmio il tempo di pensarci. La risposta è no. Il paragone con l’ascesi e la lotta spirituale è d’obbligo. Le risonanze interiori sono le stesse: Che senso ha estirpare queste erbacce se tra qualche settimana inizieranno a ricrescere?… E poi, se non si presta attenzione, si rischia di sradicare anche le piante coltivate…Per quanto si cerchi di fare un lavoro certosino qualcuna di esse passerà inosservata e rimarrà nel terreno…
Le erbacce sono gli affetti disordinati del nostro cuore, le immaturità della persona, le insidie del nemico. Gli occhi, la zappa, il falcetto, il rastrello, le mani, sono gli strumenti che usiamo per rintracciarle, mitigarle, ridurle, estirparle che trovano il loro corrispettivo in una lunga serie di analoghi spirituali: la contemplazione della vita di Cristo, la meditazione della Parola, la preghiera di richiesta, gli atti di carità, l’esame ignaziano, il confronto con il padre spirituale, l’autoanalisi, l’ascesi, l’esercizio della volontà. Come si diceva prima, c’è il rischio che con le piante infestanti si sradichino anche quelle coltivate. Allo stesso modo bisogna fare attenzione a non demonizzare le passioni, altrimenti rischiamo di togliere alla vita l’energia per compiere con gioia la volontà di Dio. Dobbiamo eliminare tutto ciò che ci appesantisce e che sottrae forze per favorire la nostra crescita verso l’Alto così come le erbacce vanno eliminate per lasciare che la pianta si sviluppi e cresca. Il lavoro però è faticoso. La posizione che il corpo assume durante questo compito è innaturale e in un certo senso sentiamo che lo è anche combattere contro le inclinazioni della “carne”. In questo il buon Paolo ci aveva visto bene (cfr. Rm 7,18-21). Inoltre è già un miracolo se riusciamo a prendere coscienza di ognuna di esse (cfr. Sal 18,13). La domanda che sorge spontanea è: perché tutta
questa fatica, tutti questi sforzi, se poi siamo destinati a cominciare tutto da capo?
Perché questa pulizia permetterà alle piante coltivate di produrre ortaggi e frutti di cui godremo noi e i nostri fratelli. Allo stesso modo la nostra crescita produrrà frutti spirituali per noi e per gli altri. Il riemergere dei difetti, delle immaturità, delle tentazioni, ci metterà in guardia dal rischio di condurre un percorso di purificazione narcisista, ci aiuterà ad accettare il nostro limite creaturale e soprattutto, ci ricorderà che la loro definitiva cancellazione non spetta a noi ma al Padre (cfr. Mt 13,24-30).
Pietro Coppa, novizio del secondo anno