GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Info

La prima estate da novizio: partenza e ritorno.

05 Ott 2018

Partire e ritornare sono due movimenti fondamentali dell’esistenza. Tutti noi, tutti gli esseri umani partono e ritornano. Sono i verbi delle esperienze che accomunano l’umanità. Descrivono bene anche la mia vita, ma qui mi voglio soffermare sulla mia prima estate da novizio. Ho vissuto diverse partenze e diversi ritorni. Sono stato undici giorni tra Roccavignale e Torino per un campo estivo con i ragazzi di una parrocchia genovese, altre due settimane al centro Astalli di Roma, otto giorni tra Toscana e Umbria durante il pellegrinaggio in povertà, e sei giorni in provincia di Caserta  per la visita ai miei cari.

Periodo a dir poco movimentato!

La prima parola che può descriverlo è “sorpresa” o anche “novità”. Prima della partenza non sapevo cosa avrei scoperto di me, di Dio, del mondo. Conoscevo, alcune volte però anche senza troppi dettagli, le attività che in quel contesto e con quelle persone  avrei svolto, ciò che avrei fatto. Ma quello che fai, il semplice fare è solo una parte dell’esperienza. L’altra parte è il coinvolgimento del mondo interiore, afferrato da dinamiche e persone. Ma ancora non è tutto. Ogni partenza è stata per me un andare verso il mio Signore. I luoghi che raggiungevo si sono rivelati luoghi in cui lui era presente e operante. Magari una situazione, una difficoltà, un incontro, un dialogo, un’attività, un movimento affettivo mi insegnavano qualcosa di inaspettato, mi facevano crescere come persona e come cristiano (che poi è lo stesso!). Partivo e apprendevo insegnamenti per la vita. Non è facile spiegare in un articolo quest’esperienza. Mi viene una metafora. Le partenze sono state come la scalata di una montagna. Metti un piede dopo l’altro, procedi, vai avanti. Più sali più si allarga, dopo fatica e sudore, l’orizzonte. E mentre si allarga l’orizzonte dello sguardo allo stesso tempo si allarga quello della tua umanità, della tua persona, della tua fede, del cuore. Partire ha un sapore destabilizzante e consolante.  Poi ti fermi a riprendere fiato tra un passo e l’altro, alzi gli occhi al cielo e ti rendi conto che durante la scalata il Signore è stato tuo compagno di viaggio e fonte di quell’orizzonte meraviglioso. Così è stato in estate. Partivo, scoprivo, ritornavo, e mi prendevo del tempo per rileggere le esperienze in preghiera con il Signore.

Le riletture mi hanno mostrato che dopo ogni ritorno qualcosa era cambiato dentro me: avevo sperimentato una bella sfumatura sia del volto di Cristo sia di me stesso.

Ricordo, tanto per dare un poco più di concretezza a quanto scritto, l’ultimo giorno del pellegrinaggio in povertà. Io e l’altro novizio eravamo in uno degli ultimi paesini dell’Umbria, ottavo giorno di cammino. Il mio amico stava male, aveva problemi al piede. Chiediamo ospitalità sia alle monache sia al prete del paese, ma entrambi sono impossibilitati. Siamo stati accolti tra mezzogiorno e le tredici da una signora laica, generosissima. Abbiamo ricevuto, grazie a lei, un posto dove dormire, l’assistenza del medico, e sia pranzo sia cena, nonché simpatia e affetto. È soltanto un episodio pescato dalla lunga lista di aneddoti che si potrebbero raccontare a testimonianza della bontà sperimentata. La gentilissima amica è stata per me Azaria, l’arcangelo che accompagna Tobia nel viaggio. È stata un segno concreto della Provvidenza. E la sua generosità ha riflettuto la generosità del Signore, il suo amore che si prende cura di me. Sono andato via da quella casa grato, e ancora ringrazio Dio per quell’incontro

In “itinere” stat virtus – Riflessione sulla festa di San Stanislao

25 Nov 2025

 

Caro lettore, cara lettrice,

qualche giorno fa, il 13 novembre, la comunità del noviziato ha festeggiato una ricorrenza significativa: la festa di San Stanislao Kostka, patrono dei novizi gesuiti. Per noi è stata una fruttuosa occasione per trascorrere del tempo insieme, anche con altri gesuiti presenti a Genova: quelli della chiesa e del Gesù e coloro che invece era semplicemente di passaggio.

Le ricorrenze dei santi, però, ci aiutano anche a soffermarci e riflettere: chi era Stanislao Kostka e perché è diventato patrono dei novizi?

Stanislao, un giovane polacco proveniente da un casato nobile, nacque nel 1550 e morì a soli 18 anni nel 1568. Come molti novizi dopo di lui, conobbe i gesuiti durante i suoi studi: i genitori, infatti, lo avevano inviato insieme al fratello a Vienna, nel collegio dei gesuiti da poco fondato (siamo nei primi decenni della vita della Compagnia di Gesù). Il suo desiderio di entrare nell’ordine, maturato in quegli anni, fu molto osteggiato dai suoi genitori. Per questo scappò e percorse dapprima più di 500km da Vienna a Dillingen (Germania) dove incontrò San Pietro Canisio [v. immagine]; poi, con l’approvazione di quest’ultimo, si recò (sempre a piedi) a Roma per entrare nel noviziato dei Gesuiti a Sant’Andrea al Quirinale.

Quando morì, il 15 agosto 1568, era stato novizio per meno di un anno, ossia meno della metà del tempo di noviziato. Eppure è diventato nostro patrono! La domanda quindi sorge spontanea: come mai Stanislao è diventato santo, e per di più patrono?

Leggendo agiografie si scoprono tanti aneddoti che rivelano tratti di autentica santità. Ciò che mi colpisce maggiormente, però, è soprattutto l’aspetto del cammino.

Infatti, si potrebbe legittimamente pensare che Stanislao sia morto troppo giovane per vivere la propria vocazione! E se invece non fosse così? E se invece la sua vocazione fosse stata proprio quella di peregrinare per mezza Europa e morire appena entrato in noviziato?

Non abbiamo bisogno di essere qualcuno o avere qualcosa di diverso da quello che siamo e abbiamo per servire, amare e vivere con il Signore. Il lungo tempo di discernimento che la Compagnia ci offre prima e dopo il nostro ingresso in noviziato ci aiuta a cogliere il valore del momento presente. Ci invita a dare il nostro “sì” ogni giorno, lungo tutto il nostro cammino. Quante volte avrà Stanislao dato il suo “sì” mentre passo dopo passo percorreva centinaia di chilometri? Camminare verso il Signore, in fondo, è la vocazione di tutta la Chiesa e, di conseguenza, anche di ciascun suo membro.

Ci troviamo attualmente anche nel corso di un anno giubilare. La celebrazione del giubileo è una pratica stabile nella Chiesa almeno a partire dal 1300. Nel corso della storia, mettersi in viaggio non è mai stato semplice e tantomeno privo di pericoli. Perciò non era raro che qualcuno morisse in viaggio. Tuttavia, per la Chiesa, in quel caso, non importava che non uno fosse riuscito a far visita alle basiliche giubilari e compiere gli altri atti ordinariamente richiesti per lucrare l’indulgenza: era come se li avesse già compiuti.

Questo è un bel parallelo, secondo me, che ci mostra come il cammino e l’attesa abbiano un valore proprio e non siano semplicemente dei riempitivi. Essi sono necessari e hanno un valore pari a quello dell’obiettivo. Del resto, che cos’è un obiettivo raggiunto se non l’inizio di un nuovo cammino?

Il salmo 84 dice: “Beato chi trova in te la sua forza / e decide nel suo cuore il santo viaggio”. La forza per il suo lungo ed estenuante viaggio Stanislao non la trovò nelle sue gambe – o almeno, non solo! Il cammino verso il Signore che ciascuno di noi compie, inoltre, spesso non è nemmeno spaziale, ma è un cammino interiore, altrettanto impegnativo: quello del nostro cuore.

Possa San Stanislao ispirare e accompagnare anche te nella tappa del cammino verso il Signore che stai vivendo, qualunque essa sia!

 

Buon santo viaggio!

 

Elia Gittardi, novizio del primo anno.

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