GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Prigionia e libertà

23 Gen 2021

Due uomini stavano per essere giudicati. Uno venne messo in prigione. L’altro fu liberato.

Il primo, in prigione nella sua cella, con solo un’ora d’aria, era molto limitato nella sua libertà e non poteva più fare quello che faceva prima, quando era fuori dal carcere. Il secondo, vistosi libero, festeggiò con i suoi amici e iniziò a fare tutte quelle cose che non poteva fare mentre era tenuto in arresto in attesa della sentenza. Dopo un primo periodo di difficile adattamento, sempre di fronte a quelle quattro mura, che come uno specchio lo mettevano continuamente di fronte a se stesso, il prigioniero iniziò a rendersi conto degli errori, piccoli e grandi, che aveva commesso nel corso della sua vita, e decise di scontare le sue colpe, che erano sempre più chiare ai suoi occhi, iniziando a sperimentare un senso di espiazione e di purificazione. Ogni giorno che passava riconosceva, davanti alle limitazioni fisiche alle quali era sottoposto, le sue limitazioni interiori, le sue fatiche, le sue debolezze, ciò che gli aveva impedito di essere veramente felice nella vita che conduceva prima di essere imprigionato.

L’altro uomo, di giorno in giorno, passando di attività in attività, di distrazione in distrazione, ebbro nella libertà della quale godeva, rimaneva sempre più invischiato nelle azioni che compiva, nelle persone che frequentava e nelle emozioni delle quali cercava sempre più di riempirsi. Le costrizioni che a volte gli si presentavano, le limitazioni che la realtà gli poneva di fronte, gli sembravano sempre di più come un’imposizione, e gli pesavano enormemente. Cercava di sfuggire e di evitare qualsiasi cosa che in qualche modo limitasse la sua libertà. Anche le altre persone stavano iniziando a risultare come dei limiti, perché non lo seguivano in tutto quello che faceva, e il terreno bruciato intorno a lui cresceva. Gli sembrava che gli altri non lo capissero più, cercava relazioni estemporanee, brevi, che lo soddisfacessero sul momento ma che non durassero molto. Era sempre più convinto della sua intelligenza, della sua bravura e del suo poter fare tutto ciò che voleva. Gli ostacoli che gli sorgevano di fronte erano solo problemi da analizzare e da superare nel più breve tempo possibile. Tutto era in funzione di lui, e ai suoi occhi chi non lo capiva o era stupido o era schiavo di determinate dinamiche, consuetudini o abitudini che non gli permettevano di essere libero come lui era libero. Il suo orizzonte era occupato interamente da se stesso. Tutto tornava, nella sua ottica; tutto capiva, tutto poteva essere spiegato. Ciò che esulava dal suo controllo non era interessante, perché non riguardava lui. Ogni cosa che potesse provocarlo o scuoterlo, contraddirlo, impedirlo, ostacolarlo, era subito etichettata come superstizione o debolezza di chi non era forte come lui. L’amore stesso, la perseveranza, la stabilità, la fedeltà, iniziavano ad apparirgli come difetti di chi aveva scelto di vivere una vita di servizio, e non di successo. La vita stessa iniziava a non bastargli più, voleva sempre di più, emozioni sempre più forti, relazioni sempre più sorprendenti, orizzonti sempre più aperti. Allo stesso tempo la vita quotidiana, fatta di consuetudini, di ripetizioni, di ordinarietà, gli risultava sempre più oppressiva, sempre più noiosa, e non riusciva a starci dentro. Cercava qualcosa di diverso, qualcosa di più, qualcosa che non arrivava mai a raggiungere.

Il primo uomo aveva delle catene, era costretto tra quattro mura, non poteva uscire. Il suo orizzonte era un muro grigio. Eppure stava iniziando a sperimentare una libertà diversa. Aveva incominciato a scegliere di vivere come gli era chiesto, senza cercare ogni volta quel di più, perché si accorgeva che questa istanza, pur distraendolo e motivandolo sul momento, non lo portava a stare meglio, ma anzi a vivere una frustrazione sempre maggiore. La quotidianità iniziava a dargli pace. Stava intraprendendo un cammino di conoscenza di sé profonda, iniziava a chiedersi per che cosa avesse vissuto fino a quel momento. Quali erano le motivazioni che giacevano dietro alle sue azioni, alle sue scelte? E il carcere, con i suoi ritmi omogenei e ripetitivi, gli stava dando l’occasione di lavorare su queste domande, di andare a fondo, di sviscerare la sua identità più intima, di scoprire chi era veramente. Ogni momento in cui si sentiva annoiato era un’occasione per andare ancora più a fondo, vincendo la tentazione di sfuggire a quel senso di vuoto ma scegliendolo lui per primo liberamente, senza costrizioni. Fatto questo passo la noia e l’ansia lasciavano spazio a un senso di pace e di calma, che gli facevano quasi desiderare di passare tutta la vita in quella cella, che gli permetteva di lavorare così a fondo su di sé e di purificare profondamente le sue abitudini più insane e malate. Stava guarendo.

Il secondo uomo non aveva catene, era libero, poteva fare ciò che voleva. Il primo uomo non poteva fare niente, se non ciò che era obbligato a fare.

Noi siamo questi due uomini: a volte l’uno, a volte l’altro.

2021-01-23 Guglielmo Scocco – novizio del secondo anno.

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