GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Intervista con p. Iosif Şandoru SJ

24 Nov 2020

Padre Iosif è da settembre 2020 il nuovo socio del maestro qui in noviziato. Aiuta quindi a formare i novizi. Potete leggere una sua descrizione della sua vita nella Compagnia di Gesù qua.
In questa intervista risponde brevemente a sette domande:

Dal 2006 al 2008 hai fatto il noviziato proprio qui a Villa S. Ignazio di Genova. Come ricordi quel tempo?
C’era in casa una grande diversità di persone, provenienti da vari luoghi, come per una grande festa. Mi dava la sensazione del Regno di Dio. Per me è stato un tempo di avventura, generalmente gioioso, per certi versi faticoso, ma vissuto con l’incoscienza e la temerità di un bambino. Tempo di incontri, esplorazione, dilatazione degli orizzonti.

Cosa è cambiato in noviziato da allora?
Ci sono meno novizi, ma questo è solo temporaneo. Alcune attività interne hanno cambiato le modalità di svolgimento. La casa è più frequentata da vari gruppi e persone che desiderano prendere un tempo di preghiera o fare esercizi spirituali. Poi noto che si dà priorità agli apostolati “di periferia”. Per il resto, le dinamiche, proprie di questo tempo di formazione, sono rimaste sostanzialmente le stesse.

C’è un’esperienza nel tuo tempo in noviziato che ha segnato in modo speciale il tuo modo di essere gesuita?
La presenza dei fratelli gesuiti, con la loro saggezza pragmatica, è stata molto significativa. In noviziato ho imparato di affidarmi non solo individualmente al Signore che mi guida, ma ad avere fiducia anche nelle mediazioni da lui donate (i superiori, i compagni, gli eventi), per quanto siano esse imperfette. Nell’apostolato ho scoperto poi che importante è amare e lavorare (in questo ordine) e che, nella sequela del Re, anche gli insuccessi possono essere celebrati.

Sei arrivato in noviziato a settembre dopo due anni e mezzo da viceparroco a Satu Mare in Romania. E’ stato difficile lasciare la vita là, o c’è una cosa della vita di parrocchia che ti manca qui?
Mi mancano la mobilità della pastorale parrocchiale e forse anche la semplicità di vita che ho vissuto nella mia Romania. L’esperienza della parrocchia è stata ricchissima e mi ha fatto molto bene l’immersione nel vivo del popolo di Dio. Mi sento ancora legato affettivamente con molte persone che ho lasciato. D’altra parte, sono abbastanza flessibile come persona e mi sono adattato al nuovo ambiente, direi senza molti sobbalzi.

Che cosa desideri di più che la tua permanenza può fare per il noviziato?
Ancora sto scoprendo il mio ruolo qui. Per il momento, semplicemente voglio camminare insieme ai compagni che il Signore mi mette accanto ed essere d’aiuto per qualcuno.

Puoi condividere con noi una desolazione che ti ha colpito negli ultimi tempi?
Mi ha profondamente scosso la mancanza improvvisa di un amico d’infanzia.

Puoi menzionare una consolazione che hai ricevuto negli ultimi tempi?
Ne dico due. La prima è che ogni volta che ho l’occasione di condividere la Parola di Dio con la gente mi sento rigenerato. La seconda è che l’anno prossimo sarò zio per la quinta volta… Questo mi da speranza.

In “itinere” stat virtus – Riflessione sulla festa di San Stanislao

25 Nov 2025

 

Caro lettore, cara lettrice,

qualche giorno fa, il 13 novembre, la comunità del noviziato ha festeggiato una ricorrenza significativa: la festa di San Stanislao Kostka, patrono dei novizi gesuiti. Per noi è stata una fruttuosa occasione per trascorrere del tempo insieme, anche con altri gesuiti presenti a Genova: quelli della chiesa e del Gesù e coloro che invece era semplicemente di passaggio.

Le ricorrenze dei santi, però, ci aiutano anche a soffermarci e riflettere: chi era Stanislao Kostka e perché è diventato patrono dei novizi?

Stanislao, un giovane polacco proveniente da un casato nobile, nacque nel 1550 e morì a soli 18 anni nel 1568. Come molti novizi dopo di lui, conobbe i gesuiti durante i suoi studi: i genitori, infatti, lo avevano inviato insieme al fratello a Vienna, nel collegio dei gesuiti da poco fondato (siamo nei primi decenni della vita della Compagnia di Gesù). Il suo desiderio di entrare nell’ordine, maturato in quegli anni, fu molto osteggiato dai suoi genitori. Per questo scappò e percorse dapprima più di 500km da Vienna a Dillingen (Germania) dove incontrò San Pietro Canisio [v. immagine]; poi, con l’approvazione di quest’ultimo, si recò (sempre a piedi) a Roma per entrare nel noviziato dei Gesuiti a Sant’Andrea al Quirinale.

Quando morì, il 15 agosto 1568, era stato novizio per meno di un anno, ossia meno della metà del tempo di noviziato. Eppure è diventato nostro patrono! La domanda quindi sorge spontanea: come mai Stanislao è diventato santo, e per di più patrono?

Leggendo agiografie si scoprono tanti aneddoti che rivelano tratti di autentica santità. Ciò che mi colpisce maggiormente, però, è soprattutto l’aspetto del cammino.

Infatti, si potrebbe legittimamente pensare che Stanislao sia morto troppo giovane per vivere la propria vocazione! E se invece non fosse così? E se invece la sua vocazione fosse stata proprio quella di peregrinare per mezza Europa e morire appena entrato in noviziato?

Non abbiamo bisogno di essere qualcuno o avere qualcosa di diverso da quello che siamo e abbiamo per servire, amare e vivere con il Signore. Il lungo tempo di discernimento che la Compagnia ci offre prima e dopo il nostro ingresso in noviziato ci aiuta a cogliere il valore del momento presente. Ci invita a dare il nostro “sì” ogni giorno, lungo tutto il nostro cammino. Quante volte avrà Stanislao dato il suo “sì” mentre passo dopo passo percorreva centinaia di chilometri? Camminare verso il Signore, in fondo, è la vocazione di tutta la Chiesa e, di conseguenza, anche di ciascun suo membro.

Ci troviamo attualmente anche nel corso di un anno giubilare. La celebrazione del giubileo è una pratica stabile nella Chiesa almeno a partire dal 1300. Nel corso della storia, mettersi in viaggio non è mai stato semplice e tantomeno privo di pericoli. Perciò non era raro che qualcuno morisse in viaggio. Tuttavia, per la Chiesa, in quel caso, non importava che non uno fosse riuscito a far visita alle basiliche giubilari e compiere gli altri atti ordinariamente richiesti per lucrare l’indulgenza: era come se li avesse già compiuti.

Questo è un bel parallelo, secondo me, che ci mostra come il cammino e l’attesa abbiano un valore proprio e non siano semplicemente dei riempitivi. Essi sono necessari e hanno un valore pari a quello dell’obiettivo. Del resto, che cos’è un obiettivo raggiunto se non l’inizio di un nuovo cammino?

Il salmo 84 dice: “Beato chi trova in te la sua forza / e decide nel suo cuore il santo viaggio”. La forza per il suo lungo ed estenuante viaggio Stanislao non la trovò nelle sue gambe – o almeno, non solo! Il cammino verso il Signore che ciascuno di noi compie, inoltre, spesso non è nemmeno spaziale, ma è un cammino interiore, altrettanto impegnativo: quello del nostro cuore.

Possa San Stanislao ispirare e accompagnare anche te nella tappa del cammino verso il Signore che stai vivendo, qualunque essa sia!

 

Buon santo viaggio!

 

Elia Gittardi, novizio del primo anno.

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