GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Spiritu, Corde, Practice

17 Nov 2020

Essere inviati come gli “apostoli” è una dimensione centrale della vita del noviziato. Da prete diocesano finora sempre immerso in un frenetico attivismo, tra parrocchia e insegnamento, in Noviziato mi sento chiamato a riscoprire il fondamento della missione pastorale, al livello dell’ “essere” prima che del “fare” e sento di essere aiutato in questo da tutta la comunità.

In particolare mi sembra importante condividere con voi l’incontro che abbiamo avuto venerdì 7 novembre, perché fa emergere bene il punto di vista e il modo di procedere che stiamo imparando: come novizi di primo e secondo anno, ci siamo tutti riuniti al mattino, insieme al socio del Maestro, padre Iosif Sandoru, per fare condivisione e discernimento sulle attività pastorali in corso.

In un clima di ascolto e raccoglimento ciascuno ha esposto alcune descrizioni e valutazioni della propria esperienza di apostolato sui seguenti punti: dove; con chi; che cosa; elementi positivi e di ostacolo; aspetti di consolazione/desolazione interiore.

Ne è emerso un quadro piuttosto variegato, per la diversità degli ambiti pastorali, ma con almeno un punto in comune, ossia la necessità di un continuo discernimento per valutare “come” portare un contributo personale e spirituale, in contesti dove non si può né si deve assumere una piena responsabilità di conduzione.

Qualcuno di noi è impegnato in parrocchia nei gruppi giovanili di Azione Cattolica e Scout, altri hanno più direttamente a che fare con gruppi di catechesi, per bambini e famiglie, altri ancora sono impegnati in ambiti di servizio sociale. Un po’ come gli apostoli che ritornano da Gesù a raccontare le loro varie esperienze, anche per noi è stato importante partecipare reciprocamente l’estrema varietà delle esperienze, come una ricchezza da condividere, anche per ricevere dagli altri un aiuto e un sostegno, sia nel discernimento che nell’attuazione.

Abbiamo anche compreso che ciò che è centrale in tali esperienze non è tanto la quantità di lavoro svolto o il protagonismo che ciascuno può dispiegare nel suo contesto, ma l’esercizio personale di attenzione per cercare e trovare il Signore, nel suo agire nei cuori e nelle situazioni e la piena disponibilità ad offrirsi, con umiltà, per l’espansione del suo Regno. Anche piccole cose che accadono quotidianamente, come un colloquio, un gesto, una parola, possono costituire segni importanti dello Spirito, se il cuore è disponibile a leggerli. Inoltre si è sottolineata l’importanza di stare nei diversi contesti con flessibilità, cogliendo le occasioni per favorire un servizio e una proposta di spiritualità. Non si tratta di imporre, ma di incarnare una sensibilità e alcuni approcci che favoriscono una maggiore cura dell’interiorità, in contesti segnati tradizionalmente da un certo attivismo esteriore.

Ha infine concluso l’incontro p. Iosif, soffermandosi su alcuni aspetti del modo di procedere tipico della Compagnia: l’estrema adattabilità a seconda del tempo, del luogo e delle circostanze particolari; la disponibilità ad accogliere la realtà così com’è per discernere l’agire di Dio in essa; l’opposizione alla tentazione dell’attivismo, sentendo e gustando interiormente ogni aspetto anche piccolo, con piena disponibilità ad agire dove è possibile e necessario. Citando Gerolamo Nadal, p. Iosif ha affermato che tutto dovrebbe compiersi Spiritu, Corde, Practice, ossia a partire dallo Spirito, con tutto il cuore e orientati all’azione.

2020-11-17. Davide Arcangeli, novizio del primo anno.

Estate SJ

di Giacomo Mottola

Eccomi dall’altra parte dello schermo a distanza di sei anni. Già, perché ricordo bene quell’estate dopo il primo anno di seminario in cui passai in rassegna tutte le pagine del sito del noviziato per leggere delle esperienze vissute dai novizi. Leggendo le loro attività estive iniziai a sentire, sempre con maggiore chiarezza, il desiderio di vivere in questo modo. Sebbene i racconti delle esperienze estive fossero così accurati che mi sembrava di viverle mentre le leggevo, al termine di questa estate devo riconoscere che farle è ben più impegnativo che leggerle comodamente sul divano.

Certo io immaginavo di passare da un’esperienza all’altra sempre pronto ad impegnarmi fino in fondo, in perfetto spirito di obbedienza ai miei superiori, ma ho scoperto che l’obbedienza non è solo un aspetto esteriore. Non basta fare quello che ti hanno chiesto e farlo al meglio. Quando mi sono trovato di volta in volta in contesti nuovi in cui non conoscevo nessuno, o quasi, mi sono accorto che una parte di me iniziava a giocare in difesa e tutta una apparente serie di buoni motivi era pronta a sostenere che andava bene così, infondo io avevo obbedito ma una parte di me non era lì presente e perdeva l’occasione per imparare, sperimentare e coinvolgersi.

Grazie ai consigli di un gesuita responsabile di una delle attività a cui ho preso parte ho imparato una grande lezione quest’anno. Le situazioni sono oggettive ma le interpretazioni sono relative. Ci sono situazioni di lavoro che possono essere più facili di altre ma sta a noi scegliere se considerare quella difficoltà come una minaccia da cui difendersi o come una sfida da affrontare. Ho poi notato che quotidianamente vengo a contatto con situazioni che posso percepire come sfide o come minacce. Esaminando frequentemente la mia coscienza per esaminare dove ho agito in difesa e dove invece mi sono messo in gioco, sto scoprendo ogni giorno aspetti nuovi su cui lavorare per imparare a fidarmi sempre di più del buon Dio.

Giacomo Mottola

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