La motozappa è una macchina agricola, con motore e guida a manubrio, utilizzata generalmente per zappare e sarchiare il terreno.
Tra poche settimane ci troveremo a preparare il nostro orto per la semina di nuova stagione. Per lavorare al meglio il terreno utilizzeremo la suddetta motozappa.
Ricordo che anche lo scorso anno, in questo periodo, intraprendevamo la stessa operazione; utilizzare e vedere in azione questo macchinario subito evocava in me qualcosa. Con lo scorrere del tempo il ricordo di quest’esperienza ogni tanto riaffiorava e, con simpatia, mi si presentava come una metafora utile a comprendere che cosa fosse la vita in noviziato.
Spesso, infatti, le persone ci chiedono cosa significhi vivere il nostro tempo o che cosa facciamo ma sovente è difficile spiegare, adesso allora voglio rispondere con questa metafora.
La vita in noviziato è come una motozappa in azione sul terreno.
Vivere il noviziato spesso vuol dire essere disposti a “sprogrammare” i nostri meccanismi interiori o esteriori, abitudini, ecc. Questo implica scavare un solco profondo dentro di noi che ci permetta di spogliarci e liberarci di tante “sovrastrutture” superflue e lasciar quindi andare le precedenti maschere, precomprensioni, difese, idee o falsi idoli. In questo modo, finalmente, è possibile conoscersi veramente per quel che si è. Ciascuno di noi, infatti, è abitato dentro di sé, in parte consapevolmente ed in parte no, da tutta una serie di attaccamenti. Il percorso spirituale proposto da Sant’Ignazio di Loyola, ci invita proprio a liberarci interiormente di questi “pesi”, che lui chiama “affetti disordinati”, per sentirci così riconciliati con noi stessi, con Dio e con gli altri.
A tal proposito mi collegavo all’immagine della motozappa in azione che gira e rigira la terra ormai secca frammentandola e rimescolandola in piccoli pezzi, creando così un nuovo strato di terreno fertile, che splende di nuovi colori e sfumature, ma soprattutto è fortificato e rinnovato.
Lo stesso procedimento avviene per noi novizi nella vita quotidiana: ci alleniamo ogni giorno a prendere contatto con noi stessi e conoscere quei lati che prima apparivano nascosti. Non si tratta però di un’introspezione psicologica ma di una preghiera, nella quale chiediamo al Signore costantemente di accompagnarci, donarci Luce e guidarci con la Sua Presenza.
In questo senso pensavo che la discesa in profondità della motozappa sia molto evocativa. Rimanda allo stato in cui si permane nella preghiera profonda, richiama l’ascolto della Parola, quello delle altre persone, ricorda il lavoro paziente che Dio compie nei nostri confronti per guidarci passo dopo passo verso la Sua volontà.
Vorrei terminare quindi invitandovi a riscoprire la bellezza della preghiera e interessarvi della spiritualità ignaziana. Gesù predicava queste Parole: «Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11, 29-30).
Quanto descritto sopra non è altro che predisporsi ad accogliere queste Parole, prepararci a ricevere questo giogo dolce e questo carico leggero. La Sua presenza poi farà il resto.
Marco Garbari, novizio del secondo anno