Solito gruppetto di noi noivizi, a una mia freddura Pietro mi guarda e ridendo, indicando un gruppo di turisti, mi dice : “immagina se ci sentono!”.
Ma io che avevo provato a capire cosa loro dicevano e avendo sentito l’accento francese mi giustifico dicendo: “ma so francesi!”.
L’umorismo fa parte della nostra quotidianità, basti pensare che se l’aggettivo “spiritoso” deriva da “spirito” per chi coltiva la vita spirituale non può non essere un elemento familiare.
Anche K.Rahner riflettendo sull’ironia diceva: “Dio ride, dice la Scrittura. E, con ciò, afferma che perfino il più minuscolo riso puro e argentino, che scaturisce da non importa dove, da un cuore retto, dinanzi a una qualsiasi idiozia di questo mondo, riflette un’immagine e un raggio di Dio. È un ricalco di Dio il cui riso sta a dimostrare che, in fondo, tutto è buono alla fin fine”.
L’atteggiamento umoristico serve a relativizzazzare, a guardare criticamente positività e negatività
delle avventure della vita, porta con sé il senso delle proporzioni, e prende con leggerezza ed elasticità se stessi e gli altri.
“Sa vivere, in una parola, dentro le contraddizioni e viene considerato ora come un lubrificante ora come un abrasivo che sblocca rigidità e chiusure, ed è una valvola di scarico delle tensioni e, infine, è un’esperienza liberatoria.” utilizzando le parole del padre Barnabita, Gentili.
Si può sperimentare come l’ironia e il senso dell’umorismo siano un atteggiamento che aiuta, anzi direi insegna a trascendere tutto ciò che non è Dio, continuando a viverlo nell’esperienza di Dio, trovando un senso nelle circostanze che si vivono. Aiuta quindi a vedere tutte le situazioni che ci circondano e a contemplarne la profonda umanità e creaturalità suscitando di conseguenza un atteggiamento di amore e compassione, per partecipazione, al mondo e alla storia che viviamo.
“Questo sguardo di tenerezza e di indulgenza ci dà la grazia – poiché di una vera grazia si tratta – di ridere di noi stessi: dei nostri fallimenti, dei nostri sogni infranti, dei nostri voli mancati. Il cristiano che ha il senso dell’umorismo, quando cozza contro la disillusione, comprende e sorride: comprende i suoi limiti e sorride del crollo delle sue illusioni. Se da un lato l’umorismo, come senso del relativo e del limite, porta al distacco da sé e si stabilisce nell’umiltà, da un altro è un invito alla fiducia, anzi all’audacia” (dall’Editoriale della Civiltà Cattolica Anno 137, vol III, Quaderno 3265 – 5 luglio 1986, Umorismo e vita Cristiana).
In fondo anche S.Ignazio guardando alla sua storia e raccontandola nell’Autobiografia, guardando al pellegrino che era, non riusciva a trattenere battute o riflessioni ironiche su situazioni che aveva vissuto. E non è nemmeno difficile notare una certa ironia, carica allo stesso tempo di una profondità incredibile della sua esperienza personale e spirituale, nel consiglio:
“Prega come se tutto dipendesse da Dio, lavora come se tutto dipendesse da te”.
E poiché “la bocca sorridente rivela quello che l’uomo è” (Sir 19,27), per noi questo atteggiamento di ironia e di ilarità è anche testimonianza e simbolo dell’esperienza di Dio che facciamo.
Poi qualche giorno dopo quella battuta, sempre con un gruppetto di novizi in giro per Genova, me ne era venuta un altra e questa volta, forse ci hanno sentito anche un gruppo di ragazzi che era poco dietro di noi, e guardandoci ci siamo chiesti: “Ma saranno francesi, pure loro?”
Filippo Carlomagno, novizio del primo anno