GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Ultreia!

13 Ago 2018

In questi mesi mi sono chiesto dove sarò tra qualche anno. Dove sarà il mio lavoro e quali saranno le mie mansioni? Dove andrò a vivere? Dovrò imparare delle lingue?

Molti anni fa, a piedi verso Santiago de Compostela incontrammo un pellegrino con una barba bianca e una serie di strani oggetti appesi al collo. Aveva gli occhiali tenuti insieme del nastro adesivo e un occhio coperto, come un pirata. Mescolando francese e spagnolo ci spiegò che la differenza tra un mendicante e un pellegrino è nella meta. Ci salutò dicendo: “Ultreia!”, che poi scoprimmo essere l’antico moto dei pellegrini che significa “vai avanti!”. Dopo averlo salutato ebbi il desiderio di voltarmi indietro per vedere se ci fosse ancora o se fosse stata la apparizione di un angelo.

Diciotto anni da quell’episodio qualcosa ha richiamato alla memoria quell’episodio tra i piatti di trofie della festa di San Marcellino, nella piazzetta di fronte alla chiesa. Il mio animo si mescolava con i racconti delle persone. C’erano novizi gesuiti, dipendenti e volontari del San Marcellino, ospiti della accoglienza e persone senza fissa dimora che passavano di lì per mangiare qualcosa. C’erano tante parole diverse che venivano raccontate. Tra queste mi hanno colpito i racconti dei volontari sul mondo del lavoro, un mondo che conosco molto bene per esperienza diretta. Una continua riduzione del personale e dei costi con l’aumento degli orari di lavoro. La chiusura delle aziende e la paura che la propria azienda chiuda. La disoccupazione a cinquant’anni non sempre accompagnata da un cuscinetto sociale. Tutto questo si mescolava a racconti dei senza dimora, la loro continua ricerca di un posto dove stare e di un pasto caldo, ore e ore a camminare per la città senza una meta, aspettando gli orari giusti per entrare in una mensa o in un dormitorio. Ho visto una precarizzazione del mondo in cui viviamo. E’ una precarizzazione che tocca persone diverse su diversi livelli, dal lavoro alla ricerca di un tetto, dalla ricerca di un senso ultimo nella vita alla quadratura sempre più difficile tra i propri desideri e la realtà delle cose.

Poi è arrivato l’esperimento del “pellegrinaggio in povertà”, di nuovo in pellegrinaggio dopo tanti anni, di nuovo in questo grande e simbolico cammino che rappresenta la nostra vita. Nella difficoltà e nella stanchezza ho ricordato l’episodio del pellegrino che mi diceva “Ultreia!”. Non sapevamo dove avremmo dormito e cosa avremmo mangiato ma sapevamo per Chi e per cosa stavamo camminando. Stavamo cercando di metterci sulle orme del gran Re e nulla avrebbe potuto dare un sapore più forte al nostro procedere e una risposta più profonda alle mie domande.

 

 

In “itinere” stat virtus – Riflessione sulla festa di San Stanislao

25 Nov 2025

 

Caro lettore, cara lettrice,

qualche giorno fa, il 13 novembre, la comunità del noviziato ha festeggiato una ricorrenza significativa: la festa di San Stanislao Kostka, patrono dei novizi gesuiti. Per noi è stata una fruttuosa occasione per trascorrere del tempo insieme, anche con altri gesuiti presenti a Genova: quelli della chiesa e del Gesù e coloro che invece era semplicemente di passaggio.

Le ricorrenze dei santi, però, ci aiutano anche a soffermarci e riflettere: chi era Stanislao Kostka e perché è diventato patrono dei novizi?

Stanislao, un giovane polacco proveniente da un casato nobile, nacque nel 1550 e morì a soli 18 anni nel 1568. Come molti novizi dopo di lui, conobbe i gesuiti durante i suoi studi: i genitori, infatti, lo avevano inviato insieme al fratello a Vienna, nel collegio dei gesuiti da poco fondato (siamo nei primi decenni della vita della Compagnia di Gesù). Il suo desiderio di entrare nell’ordine, maturato in quegli anni, fu molto osteggiato dai suoi genitori. Per questo scappò e percorse dapprima più di 500km da Vienna a Dillingen (Germania) dove incontrò San Pietro Canisio [v. immagine]; poi, con l’approvazione di quest’ultimo, si recò (sempre a piedi) a Roma per entrare nel noviziato dei Gesuiti a Sant’Andrea al Quirinale.

Quando morì, il 15 agosto 1568, era stato novizio per meno di un anno, ossia meno della metà del tempo di noviziato. Eppure è diventato nostro patrono! La domanda quindi sorge spontanea: come mai Stanislao è diventato santo, e per di più patrono?

Leggendo agiografie si scoprono tanti aneddoti che rivelano tratti di autentica santità. Ciò che mi colpisce maggiormente, però, è soprattutto l’aspetto del cammino.

Infatti, si potrebbe legittimamente pensare che Stanislao sia morto troppo giovane per vivere la propria vocazione! E se invece non fosse così? E se invece la sua vocazione fosse stata proprio quella di peregrinare per mezza Europa e morire appena entrato in noviziato?

Non abbiamo bisogno di essere qualcuno o avere qualcosa di diverso da quello che siamo e abbiamo per servire, amare e vivere con il Signore. Il lungo tempo di discernimento che la Compagnia ci offre prima e dopo il nostro ingresso in noviziato ci aiuta a cogliere il valore del momento presente. Ci invita a dare il nostro “sì” ogni giorno, lungo tutto il nostro cammino. Quante volte avrà Stanislao dato il suo “sì” mentre passo dopo passo percorreva centinaia di chilometri? Camminare verso il Signore, in fondo, è la vocazione di tutta la Chiesa e, di conseguenza, anche di ciascun suo membro.

Ci troviamo attualmente anche nel corso di un anno giubilare. La celebrazione del giubileo è una pratica stabile nella Chiesa almeno a partire dal 1300. Nel corso della storia, mettersi in viaggio non è mai stato semplice e tantomeno privo di pericoli. Perciò non era raro che qualcuno morisse in viaggio. Tuttavia, per la Chiesa, in quel caso, non importava che non uno fosse riuscito a far visita alle basiliche giubilari e compiere gli altri atti ordinariamente richiesti per lucrare l’indulgenza: era come se li avesse già compiuti.

Questo è un bel parallelo, secondo me, che ci mostra come il cammino e l’attesa abbiano un valore proprio e non siano semplicemente dei riempitivi. Essi sono necessari e hanno un valore pari a quello dell’obiettivo. Del resto, che cos’è un obiettivo raggiunto se non l’inizio di un nuovo cammino?

Il salmo 84 dice: “Beato chi trova in te la sua forza / e decide nel suo cuore il santo viaggio”. La forza per il suo lungo ed estenuante viaggio Stanislao non la trovò nelle sue gambe – o almeno, non solo! Il cammino verso il Signore che ciascuno di noi compie, inoltre, spesso non è nemmeno spaziale, ma è un cammino interiore, altrettanto impegnativo: quello del nostro cuore.

Possa San Stanislao ispirare e accompagnare anche te nella tappa del cammino verso il Signore che stai vivendo, qualunque essa sia!

 

Buon santo viaggio!

 

Elia Gittardi, novizio del primo anno.

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