GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Spaesato

18 Dic 2018

Una cosa che mi piace tantissimo dell’apprendere una nuova lingua è la scoperta di parole o frasi che esprimono concetti, sentimenti, esperienze in modi in cui la propria lingua nativa (o ‘lingue’, per noi maltesi bilingui!) non può. Ad un anno dal mio atterraggio turbolento nella conversazione italiana 24 su 24, ho accumulato una piccola lista delle frasi preferite personali – come “giocarsi”, “donarsi” * – legate ad esperienze e sentimenti preziosi. Poi ci sono alcune parole ed espressioni che sono forse meno erudite, ma più divertenti! Come “spaesato”, che significa ‘disorientato’, ‘perso’ … di solito usato per descrivere l’espressione del viso di un novizio sfortunato (come il sottoscritto) nel momento di essere bruscamente riportato dalle nuvole alla realtà. Suddiviso in “s-paes(e)-ato”, significa letteralmente “essere fuori dal (proprio) paese/ luogo nativo”. Un’etimologia favolosa.

Lo shock culturale del noviziato era ed è ancora notevolmente attenuato dalla accoglienza calorosa di tutti e dal sapore internazionale della comunità. Ma rimane una sfida: ‘la cultura’ è qualcosa che gli italiani – e giustamente – apprezzano molto e nutrono con grande cura, ma è una parola piccola per una realtà immensa di lingua, dialetti, stili di espressione, norme, valori, storia, geografia, arte , letteratura, musica, teatro, film, politica, temperamenti, personaggi famosi, economia, migrazione, spiritualità, religione, realtà ecclesiastica … Getta nel mix le diverse sub-culture delle varie regioni italiane, e il puzzle diventa veramente disorientante.

Ma è immensamente appagante, aprendo un mondo di orizzonti. In precedenza – dopo aver trascorso praticamente tutta la mia vita con il naso piantato saldamente nei libri di scienza, parlando dei miei studi o del lavoro come medico anche a tavola con la famiglia, gli amici e durante le serate – ‘la cultura’ in tutte le sue sfumature era in basso nella lista delle mie priorità personali. Il tempo nel noviziato, tuttavia, mi ha dato i grandi doni della scoperta e della crescita personale in queste aree che non sapevo nemmeno esistessero, aree che danno una maggiore pienezza alla mia esperienza della vita e della realtà. Ma apre nuove dimensioni non solo dentro di me, ma costruisce anche nuovi ponti, nuovi modi di comunicare con persone provenienti da diversi percorsi di vita, modi di pensare, background accademici, passioni e desideri.

Un altro punto su questo è l’aspetto dell’‘inculturazione’: come gesuiti, siamo chiamati ad assumere e incorporare in noi stessi la stessa cultura dei luoghi in cui viviamo e in cui svolgiamo il nostro ministero. Questo non dev’essere preso alla leggera, senza cura, aspettando che la cultura ‘semplicemente cresca su di me’, ma è un impegno attivo: un impegno ad amare ed apprezzare le persone che mi hanno accolto, un impegno a coltivare la meraviglia e la gioia personale per i doni che Dio ha piantato nei suoi popoli, un impegno a diventare apostoli efficaci in missione nelle realtà in cui siamo inviati.

Ecco perché, interrogandomi su come posso fare tutto ciò in modo attivo ed esplicito, ho recentemente deciso di tuffarmi più risolutamente nel vasto oceano che è la cultura italiana, iniziando con piccoli passi: assaporando letteratura pregiata, informandomi sulle notizie nazionali e eventi politici, esplorando la storia complessa della penisola … Impegni piccoli e anche piacevoli, ma che desidero fare diligentemente e amorevolmente.

“La gloria di Dio è l’uomo pienamente vivo”, dice un’interpretazione di un detto attribuito a Sant’Ireneo di Lione : e se un uomo ‘pienamente vivo’, colto, è maturo e attivamente impegnato in una moltitudine di dimensioni, allora la cultura può veramente essere un mezzo per ‘trovare Dio in tutte le cose’ come direbbe un altro Sant’I di L **.

* giocarsi = mettersi veramente ‘in gioco’, coinvolgendo tutto o parte di ciò che è prezioso / intimo / vulnerabile di te stesso nell’azione a cui stai partecipando

donarsi = il concetto di ‘dono totale di sé’, che infiamma la spiritualità ignaziana e che si esprime con questa parola

** Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù

 

Nicholas Cassar, novizio del secondo anno

Quando la preghiera diventa…preparare la colazione

12 Gen 2023

Durante la vita di noviziato capita, a rotazione, di dover preparare la colazione per tutti prima di iniziare la preghiera individuale della mattina. In questi casi uno di noi ha la necessità di svegliarsi un po’ prima degli altri per poter conciliare i tempi di preparazione e quelli di meditazione. Mi sono chiesto, alcune volte, se davvero sia necessaria la nostra presenza nel fare questo servizio o se ci sia una ragione più profonda per farlo.

Da un po’ di tempo la mattina quando suona la sveglia sento, spesso, nel mio cuore il desiderio di incontrare il Signore durante la mia preghiera personale e nella celebrazione Eucaristica che viviamo quotidianamente. Mi sono però accorto che anche quando devo anticipare la sveglia per la colazione il desiderio non cambia e mi sembra quasi che anche quest’ultima entri nella dinamica di incontro con Lui.  Mi sorge allora una domanda: è possibile che anche il gesto di preparare la colazione per tutti, rientri in qualche modo in una forma di preghiera? Per rispondere a questa domanda me ne pongo subito un’altra: qual è il senso della preghiera cristiana? Credo che la preghiera sia un incontro con il Signore per approfondire sempre più la comunione di vita con Lui. Come diceva Santa Teresa D’Avila è il momento in cui incontro l’amato. D’altra parte se leggiamo i Vangeli, Gesù stesso, spesso, si fermava a pregare da solo nell’intimità del dialogo con il Padre, tanto da far scattare agli Apostoli il desiderio di capire come pregare: ‘Signore insegnaci a pregare’. Quali esigenze li hanno spinti a porre questa richiesta? Sicuramente l’esempio di Gesù sarà stato un elemento trainante: come prega il maestro è bene che preghiamo anche noi; ma credo, che, in primis, avessero il desiderio di vivere lo stesso incontro di Gesù con Dio Padre. Nella preghiera quindi si incontrano due libertà: quella del credente che ricerca il Signore e quella di Dio che ha il desiderio di farsi ascoltare da chi lo prega. Questo è anche il motivo per cui è, spesso, complicato pregare, perché si intrecciano da un lato una dinamica soprannaturale, per cui la preghiera è un dono di Dio, per il quale occorre preparare il proprio cuore; dall’altro è un incontro umano che avviene nella vita ordinaria, una sfida a  riconoscere la voce di Dio spesso coperta dal frastuono della quotidianità.

Ma torniamo alla colazione! Cosa c’entra tutto questo con la sua preparazione? Niente, se una persona si approccia alla preparazione, pensando che lo scopo sia quello di aver pronto in orario un po’ di latte, di caffè e di the. Ma se uno vive questa operazione assaporandone ogni singolo momento – dalla presa delle caffettiere alla loro preparazione, al sentirne il fischio del caffè pronto e gustando il calore che i vapori emanano quando si versa nel thermos – pensando che questo gesto sarà di aiuto per i confratelli, per coloro che il Signore gli ha messo accanto, qualcosa cambia. Vivendo la preparazione in questo modo anche questi gesti possono diventare un incontro con Dio Padre, per il quale riconosco nell’altro un fratello per cui vale bene la pena perdere mezz’ora di sonno.

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