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Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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AVVENTO: CHE ATTENDO?

di P. Agostino Caletti – maestro dei novizi

Tempo di Avvento, ovvero tempo di attesa e speranza. Quale? In cosa? In chi? La nostra fede ci parla dell’Incarnazione, della venuta di Gesù, della sua vita, Passione e morte. E poi della resurrezione, che in Cristo è già realtà e per noi lo sarà. Ma perché è così importante ritornare alle radici della nostra fede?

Avvento è legato ad attesa: ma che parola fastidiosa e faticosa! Meglio pensare all’oggi, che almeno mi assicura qualcosa. La parola d’ordine è gratificazione istantanea, cattiva interpretazione del cogli l’attimo, che diventa “approfitta di tutto quello di cui puoi approfittare, perché ciò che lasci è perduto”. Ma dov’è allora la libertà personale? Dov’è la possibilità di scelta? In realtà è un’illusoria libertà, che fa sentire senza confini, ma in fondo tiene prigionieri, perché “obbliga” in un certo senso a ricercare sempre una gratificazione, senza la quale la vita sembra troppo difficile da vivere. Questo non saper attendere fa spesso vivere in superficie e l’attesa coincide con il progetto di esser in continuo movimento, un’inquietudine non di chi ha chiaro cosa desidera, ma di chi fugge perché ha paura anche di stare con se stesso, non ha una meta se non occasionale e legata al momento. Erik Fromm sottolinea che la nostra cultura tende a creare individui che non hanno più coraggio e non osano più vivere in modo eccitante e intenso. Veniamo educati ad aspirare alla sicurezza, come unico scopo della vita. Ma possiamo ottenerla solo a prezzo di un completo conformismo e di rassegnazione. Da questo punto di vista la sicurezza è l’opposto della gioia, poiché la gioia nasce da una vita vissuta intensamente.

Abbiamo bisogno di riscoprire il valore positivo dell’attesa, come gusto della vita, ovvero il gusto di raggiungere una meta; il gusto di progettare, in questo tempo, che è il mio tempo, non ce ne sarà un altro, è questo l’oggi di Dio per noi.

E che c’entra allora l’Avvento? È occasione per fare un po’ di pulizia interiore: a volte il cuore è troppo affollato e perde di vista cosa è centrale. Occorre ogni tanto mettere ordine, nel senso di rendere di nuovo chiara la direzione verso cui mi sto muovendo. Insomma, un’occasione per  chiedermi dove mi trovo oggi.

Non solo: è ritrovare in me un desiderio di vita piena, al di là degli scoraggiamenti, delle fatiche e degli inevitabili “non cambierà niente”. E’ vero che non possiamo più dare per scontato che il desiderio di pienezza si chiami Dio, ma certamente nel cuore di ognuno di noi c’è la grande aspirazione a una pienezza di vita. L’Avvento ci aiuta a riscoprire le attese vere, più profonde della nostra vita, riponendo la fiducia non su facili soluzioni, ma sulla Parola di Dio che si è fatta esistenza concreta nella persona di Gesù.

 

P. Agostino Caletti S.I.

Avvento

di Gianluca Severin

Non coerceri a maximo,
contineri tamen a minimo
divinum est

Quest’antico verso d’un anonimo giovane gesuita si potrebbe tradurre:

Non essere costretto da quanto di più grande,
farsi contenere da quanto di più piccolo,
questo è proprio di Dio

L’Avvento ci chiama all’attesa carica di speranza; nei secoli gli uomini hanno camminato senza sosta cercando quel luogo dove sentirsi a casa, innumerevoli notti hanno vegliato scrutando per quella luce che rischiarasse le loro giornate, alte grida hanno levato al cielo confidando in una risposta, hanno scavato fino ai confini dell’animo, con tutto se stessi hanno cercato dentro di sé per incontrare Qualcuno. L’uomo si è sentito chiamato fuori di sé, inquieto viandante, per incontrare Chi da sempre lo stava aspettando. Nel nostro desiderio di incontrarLo non riesce a costringerci quanto di più grande.

L’Avvento ci chiama all’attesa carica di lode; tanti momenti dei nostri giorni, tante cose della nostra quotidianità, tanti gesti delle nostre relazioni trascorrono fragili, umili, ordinari e persino banali. Eppure nella nostra vita abbiamo quei momenti speciali, quegli oggetti cari, quei gesti pieni di significato spesso giunti a noi inattesi, improvvisamente. Quando li raccontiamo agli altri, carichi di ricordi e di emozioni, ci ascoltano, trascinati dal nostro calore, ma possono capire fino in fondo perché quel pomeriggio in montagna, quella maglietta logora, quella lacrima hanno illuminato la nostra esistenza? Forse no, ma anch’essi hanno un frammento prezioso e possono immaginare quella gioia. Per incontrarLo quanto di più piccolo ci basta.

Nella sua vita come pellegrino e come compagno di Gesù santo padre Ignazio ha imparato a contemplare la rivelazione di Dio nella realtà umana e terrena. Nell’ultimo tratto del suo viaggio, ogni volta che voleva trovare Dio, Lo trovava.

Il Natale, Dio che sceglie di farsi uomo, apre uno spiraglio per contemplare queste realtà: nei rivolgimenti della storia, nelle vastità della geografia, lo Spirito scende, delicato e pieno d’affetto, sul ventre di una giovane ragazza. In un marginale villaggio della Galilea il Signore, Dio dell’Universo, l’atteso nei Secoli, si è fatto minuscolo embrione di carne umana.

In questi giorni d’Avvento lasciamo crescere in noi nella pace, nel silenzio, la promessa d’amore di una vita nuova.

E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità. (Gv 1, 14)

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