GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Cosa è “spirituale”?

26 Ott 2018

È passato poco meno di un mese dall’ingresso in noviziato del gruppo di ragazzi di cui faccio parte. Un tempo certamente troppo breve per trarre considerazioni significative sulla vita del novizio, ma al tempo stesso sufficiente per offrirmi qualche spunto di riflessione.

Ad un primo sguardo la giornata tipo in noviziato sembra essere scandita da due tipologie di attività differenti: quelle più “spirituali”, come la preghiera (personale e comunitaria), la Celebrazione Eucaristica e l’adorazione, e quelle invece più “pratiche”, come l’alimentazione, il lavoro e lo svago.

È proprio su quest’ultima categoria che desidero soffermarmi, cercando di condividere qualche piccola riflessione sul significato spirituale che mi sembra di aver intravisto anche nelle azioni più concrete.

Partiamo dalla base: l’alimentazione. Si mangia per vivere, non il contrario. Non di rado però, il cibo rischia di diventare un idolo nella vita delle persone, un palliativo con cui gratificare ansie e disagi. Il noviziato però aiuta a sviluppare un rapporto più maturo con esso, attraverso una semplice consuetudine: non si mangia fuori pasto. Sì ha tutto il necessario ma non il superfluo; e soprattutto si impara a non assecondare ogni piccola voglia o capriccio che assilla la nostra persona. Che grande valore sarebbe l’applicare tale principio alla nostra vita interiore. Quanti errori si eviterebbero imparando a pazientare, non gratificando impulsivamente le varie voci che non di rado si affacciano alla nostra anima.

Una seconda categoria di attività è quella del lavoro. I servizi di casa sono oggettivamente necessari e coinvolgono buona parte della mattinata del novizio. In un certo senso però, non mi è sembrato costituiscano una rigida interruzione della preghiera mattutina vera e propria. Ne ho avuto l’impressione sin dal primo incarico. Stavo spazzando il piazzale del cortile da foglie ed aghi di pino; prima ho cercato di individuare e rimuovere le foglie più grosse, poi, in fasi successive ho provato a ripulire il piazzale anche dagli aghi più sottili e nascosti. Il tutto con la consapevolezza che si trattasse di un lavoro destinato a ripetersi non appena la prima pioggia avesse sporcato nuovamente il terreno.

Ma non succede così anche con la nostra interiorità? Sempre e continuamente abbiamo bisogno di esaminare la nostra anima cercando di individuare e rimuovere quella sporcizia che, grande o piccola che sia, tende ad offuscare una bellezza che è già presente (siamo a immagine di Dio), ma che aspetta solo di essere liberata dal male a cui permettiamo di abitarci.

Infine lo svago. Prendo come piccolo esempio una bellissima camminata che abbiamo compiuto in montagna verso una rocca abbandonata. Camminare non è sempre facile, la salita può essere faticosa, ma la bellezza della meta, la compagnia delle persone affianco è in grado di rendere godibile anche il tragitto più impervio.

Ancora una volta il parallelismo con la vita interiore non mi è sembrato trascurabile: siamo perennemente in cammino (chi si ferma è perduto), tra difficoltà e gioie; ma non siamo soli e tanto meno senza meta. Procediamo verso il Signore, camminando insieme a Lui ed alle persone che ci troviamo affianco.

La realtà esterna sembra quindi rappresentare uno specchio, una preziosa opportunità per capire qualcosa in più della nostra vita interiore. Ci si potrebbe dunque chiedere: “cosa è spirituale?” Tutto, verrebbe da dire; a condizione che venga compiuto in sinergia ed ascolto dello Spirito Santo, permettendogli di prenderci per mano.

 

Stefano Guadagnino, Novizio del Primo Anno

Quando la preghiera diventa…preparare la colazione

12 Gen 2023

Durante la vita di noviziato capita, a rotazione, di dover preparare la colazione per tutti prima di iniziare la preghiera individuale della mattina. In questi casi uno di noi ha la necessità di svegliarsi un po’ prima degli altri per poter conciliare i tempi di preparazione e quelli di meditazione. Mi sono chiesto, alcune volte, se davvero sia necessaria la nostra presenza nel fare questo servizio o se ci sia una ragione più profonda per farlo.

Da un po’ di tempo la mattina quando suona la sveglia sento, spesso, nel mio cuore il desiderio di incontrare il Signore durante la mia preghiera personale e nella celebrazione Eucaristica che viviamo quotidianamente. Mi sono però accorto che anche quando devo anticipare la sveglia per la colazione il desiderio non cambia e mi sembra quasi che anche quest’ultima entri nella dinamica di incontro con Lui.  Mi sorge allora una domanda: è possibile che anche il gesto di preparare la colazione per tutti, rientri in qualche modo in una forma di preghiera? Per rispondere a questa domanda me ne pongo subito un’altra: qual è il senso della preghiera cristiana? Credo che la preghiera sia un incontro con il Signore per approfondire sempre più la comunione di vita con Lui. Come diceva Santa Teresa D’Avila è il momento in cui incontro l’amato. D’altra parte se leggiamo i Vangeli, Gesù stesso, spesso, si fermava a pregare da solo nell’intimità del dialogo con il Padre, tanto da far scattare agli Apostoli il desiderio di capire come pregare: ‘Signore insegnaci a pregare’. Quali esigenze li hanno spinti a porre questa richiesta? Sicuramente l’esempio di Gesù sarà stato un elemento trainante: come prega il maestro è bene che preghiamo anche noi; ma credo, che, in primis, avessero il desiderio di vivere lo stesso incontro di Gesù con Dio Padre. Nella preghiera quindi si incontrano due libertà: quella del credente che ricerca il Signore e quella di Dio che ha il desiderio di farsi ascoltare da chi lo prega. Questo è anche il motivo per cui è, spesso, complicato pregare, perché si intrecciano da un lato una dinamica soprannaturale, per cui la preghiera è un dono di Dio, per il quale occorre preparare il proprio cuore; dall’altro è un incontro umano che avviene nella vita ordinaria, una sfida a  riconoscere la voce di Dio spesso coperta dal frastuono della quotidianità.

Ma torniamo alla colazione! Cosa c’entra tutto questo con la sua preparazione? Niente, se una persona si approccia alla preparazione, pensando che lo scopo sia quello di aver pronto in orario un po’ di latte, di caffè e di the. Ma se uno vive questa operazione assaporandone ogni singolo momento – dalla presa delle caffettiere alla loro preparazione, al sentirne il fischio del caffè pronto e gustando il calore che i vapori emanano quando si versa nel thermos – pensando che questo gesto sarà di aiuto per i confratelli, per coloro che il Signore gli ha messo accanto, qualcosa cambia. Vivendo la preparazione in questo modo anche questi gesti possono diventare un incontro con Dio Padre, per il quale riconosco nell’altro un fratello per cui vale bene la pena perdere mezz’ora di sonno.

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