È passato poco meno di un mese dall’ingresso in noviziato del gruppo di ragazzi di cui faccio parte. Un tempo certamente troppo breve per trarre considerazioni significative sulla vita del novizio, ma al tempo stesso sufficiente per offrirmi qualche spunto di riflessione.
Ad un primo sguardo la giornata tipo in noviziato sembra essere scandita da due tipologie di attività differenti: quelle più “spirituali”, come la preghiera (personale e comunitaria), la Celebrazione Eucaristica e l’adorazione, e quelle invece più “pratiche”, come l’alimentazione, il lavoro e lo svago.
È proprio su quest’ultima categoria che desidero soffermarmi, cercando di condividere qualche piccola riflessione sul significato spirituale che mi sembra di aver intravisto anche nelle azioni più concrete.
Partiamo dalla base: l’alimentazione. Si mangia per vivere, non il contrario. Non di rado però, il cibo rischia di diventare un idolo nella vita delle persone, un palliativo con cui gratificare ansie e disagi. Il noviziato però aiuta a sviluppare un rapporto più maturo con esso, attraverso una semplice consuetudine: non si mangia fuori pasto. Sì ha tutto il necessario ma non il superfluo; e soprattutto si impara a non assecondare ogni piccola voglia o capriccio che assilla la nostra persona. Che grande valore sarebbe l’applicare tale principio alla nostra vita interiore. Quanti errori si eviterebbero imparando a pazientare, non gratificando impulsivamente le varie voci che non di rado si affacciano alla nostra anima.
Una seconda categoria di attività è quella del lavoro. I servizi di casa sono oggettivamente necessari e coinvolgono buona parte della mattinata del novizio. In un certo senso però, non mi è sembrato costituiscano una rigida interruzione della preghiera mattutina vera e propria. Ne ho avuto l’impressione sin dal primo incarico. Stavo spazzando il piazzale del cortile da foglie ed aghi di pino; prima ho cercato di individuare e rimuovere le foglie più grosse, poi, in fasi successive ho provato a ripulire il piazzale anche dagli aghi più sottili e nascosti. Il tutto con la consapevolezza che si trattasse di un lavoro destinato a ripetersi non appena la prima pioggia avesse sporcato nuovamente il terreno.
Ma non succede così anche con la nostra interiorità? Sempre e continuamente abbiamo bisogno di esaminare la nostra anima cercando di individuare e rimuovere quella sporcizia che, grande o piccola che sia, tende ad offuscare una bellezza che è già presente (siamo a immagine di Dio), ma che aspetta solo di essere liberata dal male a cui permettiamo di abitarci.
Infine lo svago. Prendo come piccolo esempio una bellissima camminata che abbiamo compiuto in montagna verso una rocca abbandonata. Camminare non è sempre facile, la salita può essere faticosa, ma la bellezza della meta, la compagnia delle persone affianco è in grado di rendere godibile anche il tragitto più impervio.
Ancora una volta il parallelismo con la vita interiore non mi è sembrato trascurabile: siamo perennemente in cammino (chi si ferma è perduto), tra difficoltà e gioie; ma non siamo soli e tanto meno senza meta. Procediamo verso il Signore, camminando insieme a Lui ed alle persone che ci troviamo affianco.
La realtà esterna sembra quindi rappresentare uno specchio, una preziosa opportunità per capire qualcosa in più della nostra vita interiore. Ci si potrebbe dunque chiedere: “cosa è spirituale?” Tutto, verrebbe da dire; a condizione che venga compiuto in sinergia ed ascolto dello Spirito Santo, permettendogli di prenderci per mano.
– Stefano Guadagnino, Novizio del Primo Anno