GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Il tempo e il linguaggio

12 Dic 2017

Dalla mia stanza ho notato per la prima volta il tintinnio delle brocche sul carrellino tre piani di sotto. Significa che il novizio di turno sta portando l’acqua al refettorio e che manca circa un quarto all’ora di pranzo, è il momento di di fare l’Esame di coscienza, la meditazione sulla prima metà della giornata.

Appena entrato in Noviziato sono stato colto dalla sensazione di non riuscire a fare tutto. Molto strano per una persona abituata a ritmi di lavoro frenetici come me. Per altri è sembrato che il tempo fosse molto. Ognuno di noi ha sentito il tempo in maniera diversa.

Siamo diversi per formazione ed esperienza di vita. Improvvisamente ci siamo trovati vicini e abbiamo iniziato a condividere spazi, attività e pensieri. Sono tante storie, lingue e culture diverse. Io sono un tecnico informatico con quasi quindici anni di esperienza di lavoro. Altri di noi si sono appena laureati, hanno studiato economia, medicina e filosofia. Abbiamo iniziato a raccontarci le nostre vite prima del Noviziato e a discutere su quello che ci appassiona. Ricordo qualche colazione a base di Kant e di Hegel, oppure confronti appassionati sulla teologia o sulla situazione politico economica dell’Europa.

Poi sono arrivati i servizi di casa. Alcuni assegnati sempre allo stesso Novizio, altri sono a turno, come quello di servire a tavola i fratelli e portare l’acqua nelle brocche un quarto d’ora prima di pranzo. Il tempo del servizio è un tempo prezioso perché spesso siamo in coppia e c’è possibilità di conoscersi meglio. Ma il tempo non è molto e il lavoro va fatto al meglio, allora le dissertazioni su Platone e i viaggi del Papa vengono interrotti da qualche:

“Dove vanno i cucchiai puliti?”

oppure

“Io passo lo straccio dopo che hai lavato le docce.”

Ci stiamo conoscendo attraverso le attività quotidiane ed in questo è successo qualcosa di magico. Dopo qualche settimana ho notato con sorpresa (ridendoci sopra) che gli argomenti erano un po’ cambiati. Per esempio come si usa il mocho e chi era stato l’ultimo a lavare le docce? Come tagliare la verdura per la ratatouille e non far arrabbiare nessuno in cucina? Ci siamo accorti che a molti di noi sembrava di essere in Noviziato da un tempo più lungo di quello reale. Penso che il Noviziato sia una esperienza totalizzante e che stia trasformando il nostro tempo e la percezione delle cose. Ecco perchè ho sentito le brocche dell’acqua tre piani più sotto. Le cose più piccole e semplici sono diventate importanti, il rapporto con il servizio è diventato più intimo.

Ma non temete, non parliamo solo di detersivi, ancora continuiamo a discutere di libri e a farci trasportare dalle nostre passioni intellettuali. La magia non ha fatto sparire ciò che eravamo prima. La magia è stata quella di elevare l’importanza del quotidiano e la cura della casa alla importanza delle cose importanti. Ed in effetti è così se “cerchiamo e troviamo Dio in tutte le cose”.

Quando la preghiera diventa…preparare la colazione

di Alessandro Di Mauro

Durante la vita di noviziato capita, a rotazione, di dover preparare la colazione per tutti prima di iniziare la preghiera individuale della mattina. In questi casi uno di noi ha la necessità di svegliarsi un po’ prima degli altri per poter conciliare i tempi di preparazione e quelli di meditazione. Mi sono chiesto, alcune volte, se davvero sia necessaria la nostra presenza nel fare questo servizio o se ci sia una ragione più profonda per farlo.

Da un po’ di tempo la mattina quando suona la sveglia sento, spesso, nel mio cuore il desiderio di incontrare il Signore durante la mia preghiera personale e nella celebrazione Eucaristica che viviamo quotidianamente. Mi sono però accorto che anche quando devo anticipare la sveglia per la colazione il desiderio non cambia e mi sembra quasi che anche quest’ultima entri nella dinamica di incontro con Lui.  Mi sorge allora una domanda: è possibile che anche il gesto di preparare la colazione per tutti, rientri in qualche modo in una forma di preghiera? Per rispondere a questa domanda me ne pongo subito un’altra: qual è il senso della preghiera cristiana? Credo che la preghiera sia un incontro con il Signore per approfondire sempre più la comunione di vita con Lui. Come diceva Santa Teresa D’Avila è il momento in cui incontro l’amato. D’altra parte se leggiamo i Vangeli, Gesù stesso, spesso, si fermava a pregare da solo nell’intimità del dialogo con il Padre, tanto da far scattare agli Apostoli il desiderio di capire come pregare: ‘Signore insegnaci a pregare’. Quali esigenze li hanno spinti a porre questa richiesta? Sicuramente l’esempio di Gesù sarà stato un elemento trainante: come prega il maestro è bene che preghiamo anche noi; ma credo, che, in primis, avessero il desiderio di vivere lo stesso incontro di Gesù con Dio Padre. Nella preghiera quindi si incontrano due libertà: quella del credente che ricerca il Signore e quella di Dio che ha il desiderio di farsi ascoltare da chi lo prega. Questo è anche il motivo per cui è, spesso, complicato pregare, perché si intrecciano da un lato una dinamica soprannaturale, per cui la preghiera è un dono di Dio, per il quale occorre preparare il proprio cuore; dall’altro è un incontro umano che avviene nella vita ordinaria, una sfida a  riconoscere la voce di Dio spesso coperta dal frastuono della quotidianità.

Ma torniamo alla colazione! Cosa c’entra tutto questo con la sua preparazione? Niente, se una persona si approccia alla preparazione, pensando che lo scopo sia quello di aver pronto in orario un po’ di latte, di caffè e di the. Ma se uno vive questa operazione assaporandone ogni singolo momento – dalla presa delle caffettiere alla loro preparazione, al sentirne il fischio del caffè pronto e gustando il calore che i vapori emanano quando si versa nel thermos – pensando che questo gesto sarà di aiuto per i confratelli, per coloro che il Signore gli ha messo accanto, qualcosa cambia. Vivendo la preparazione in questo modo anche questi gesti possono diventare un incontro con Dio Padre, per il quale riconosco nell’altro un fratello per cui vale bene la pena perdere mezz’ora di sonno.

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