GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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“Pascolare i gesuiti è come pascolare i rospi”. Parola di Papa Francesco

27 Set 2018

Ero da poco arrivato a Gallarate. Avevo ancora la testa e il cuore agli adolescenti del MEG (Movimento Eucaristico Giovanile) di Genova, da poco lasciati dopo il campo estivo di servizio a Napoli. Potevo essere al campo estivo per giovani a Selva di Valgardena, in Trentino, tra montagne bellissime e lussureggianti, tipicamente tenuto per il periodo di ferragosto. Vi avevo partecipato qualche anno prima di entrare in noviziato. Non vedevo l’ora di ritornarci. Ed, invece, per diverse esigenze sorte nel cammino, eccomi là, alla periferia tra Milano e Varese.

In principio avrei dovuto fare servizio nella nostra infermeria per gesuiti anziani. In pratica mi sono ritrovato, oltre al servizio in infermeria, a spennare galline; ad innaffiare il giardino; a raccogliere prugne e nocciole nell’orto; a spazzare foglie davanti al nostro Santuario del Sacro Cuore, in vista della festa della Nostra Madre, Maria Assunta. Ero stanco, avvilito, spaesato. Un bel salto quello fatto dal poter stare con giovani universitari in montagna, a lavoro su se stessi per poter amare e servire di più Dio, in un posto incantevole, al farsi prendere d’assalto le povere gambe nell’orto dalle zanzare, come fiori dalle api.

Tornato in casa, apro la mail. C’è una bella notizia: un nuovo novizio ammesso al noviziato. Ce ne saranno altri con lui il prossimo anno che sta per iniziare. Il tempo di gioire per la notizia e noto che in risposta a questa mail c’è un link, dato da un mio compagno di noviziato di secondo anno, ormai oggi scolastico, fresco di voti al momento in cui scrivo e in partenza per gli studi di filosofia a Roma. Mi colpisce subito il tema, perché riguarda l’incontro a San Pietro di Papa Francesco con gli scolastici europei, di cui avevo sentito parlare in precedenza. Lo apro, inizio a leggere e subito una nota molto divertente sul talare, ormai non più indossato dai gesuiti (almeno non dal Papa!), che mi mette di buon umore. Continuo ed ecco un commento davvero interessante: pascolare i gesuiti è come pascolare un gregge di rospi: uno di qua, uno di là….È un’immagine che fa sorridere, bella, ma che sembra anche molto vera.

A primo impatto, dall’immagine evocata del gregge di rospi, si può trarre l’idea che ogni gesuita se ne vada per conto suo, e la cosa fa molto sorridere a immaginarla. E poi il papa subito parla di grande libertà per essere gesuita. Che gioia! ma non è tutto. Accanto alla grande libertà ci vuole una grande obbedienza al pastore, “il quale deve avere il grande dono del discernimento per permettere a ognuno dei “rospi” di scegliere quello che sente che il Signore gli chiede. Questa è l’originalità della Compagnia: unità con grande diversità” (il testo integrale lo si può trovare al seguente link http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2018/august/documents/papa-francesco_20180801_gesuiti-europei.html).

Nella libertà dei figli amati e perdonati dal Nostro Signore Gesù, discernere quello che chiede il Signore a ciascuno ed essere inviati nella missione comune della Compagnia: ecco i temi lanciati da Papa Francesco ai gesuiti in formazione. Temi che abbiamo provato a vivere durante questo anno anche noi novizi, provenienti dal Nord-Sud-Centro Italia, da Malta, dalla Romania, dalla Slovenia.

Il papa prosegue, poi, citando i discorsi di Paolo VI e di Padre Arrupe per dare altre fonti di ispirazione ai giovani gesuiti. Incoraggiatili, infine, ricorda il perno della vocazione gesuita: “siate ancorati al Signore”.

La fine della lettura mi fa ritornare alla realtà, ma con un gusto diverso. Questi interventi di Papa Francesco mi consolano. Aiutano a cogliere diversi aspetti della vita del credente, in genere, e, in particolare, della vita del gesuita, quando egli parla ai suoi confratelli.

È proprio vero quello che aveva affermato il papa: gesuiti come un gregge di rospi. Assieme ai miei compagni di noviziato, nel mio piccolo, ne stavo già facendo esperienza. Prima di Gallarate, ero già stato: in Slovenia, Puglia per il ritorno in famiglia per qualche giorno, Napoli con il MEG; e mi aspettavano ancora il corso di italiano in noviziato a favore degli scolastici internazionali ed un corso di esercizi per famiglie a Schilpario, nelle montagne nel bergamasco.

In tutto questo girovagare, bisogna saper trovare un equilibrio dinamico, anche se non sempre è così facile ed immediato, come anche dicevo all’inizio dell’articolo. Per questo in noviziato facciamo questi esperimenti estivi. Senza avere Gesù nel cuore, questo tipo di vita sarebbe impossibile. Stare con Gesù, la relazione con Gesù, crescere nell’amore e nell’intimità con Lui: questo il compito affidatomi dal Maestro dei novizi durante il mese ignaziano di Esercizi Spirituali. Alla fine di quest’estate posso rileggere la mia esperienza e verificare come ho incontrato Gesù proprio nella mia debolezza e nelle difficoltà. E alla conclusione delle due settimane, non volevo andar più via da Gallarate.

Lì nell’infermeria e nella comunità, infatti, ho avuto dei bellissimi incontri con i confratelli gesuiti. Ognuno con molti anni di Compagnia alle spalle, la propria unicità e bellezza, ognuno con la propria storia e la propria diversità, con i propri punti di forza e debolezza, ma come diceva il papa, uniti nella diversità nella missione comune per il Regno di Dio nella Chiesa.

Molto belli sono stati anche gli incontri con i carissimi gesuiti con cui ho vissuto le esperienze del MEG e a Schilpario. Ci vorrebbe un articolo solo per loro. Ma non sembra il caso, pur restando loro grato per la presenza divertente e di spessore: senza, non so come avrei fatto.

Papa Francesco credo che ancora una volta abbia fatto centro. Credo che la sua immagine del gregge rospi per i gesuiti sia appropriata (e ispirata aggiungerei).

 

 

*L’immagine di copertina è un dipinto di fratel Venzo, gesuita, posto all’interno del Santuario del Sacro Cuore a Gallarate

In “itinere” stat virtus – Riflessione sulla festa di San Stanislao

25 Nov 2025

 

Caro lettore, cara lettrice,

qualche giorno fa, il 13 novembre, la comunità del noviziato ha festeggiato una ricorrenza significativa: la festa di San Stanislao Kostka, patrono dei novizi gesuiti. Per noi è stata una fruttuosa occasione per trascorrere del tempo insieme, anche con altri gesuiti presenti a Genova: quelli della chiesa e del Gesù e coloro che invece era semplicemente di passaggio.

Le ricorrenze dei santi, però, ci aiutano anche a soffermarci e riflettere: chi era Stanislao Kostka e perché è diventato patrono dei novizi?

Stanislao, un giovane polacco proveniente da un casato nobile, nacque nel 1550 e morì a soli 18 anni nel 1568. Come molti novizi dopo di lui, conobbe i gesuiti durante i suoi studi: i genitori, infatti, lo avevano inviato insieme al fratello a Vienna, nel collegio dei gesuiti da poco fondato (siamo nei primi decenni della vita della Compagnia di Gesù). Il suo desiderio di entrare nell’ordine, maturato in quegli anni, fu molto osteggiato dai suoi genitori. Per questo scappò e percorse dapprima più di 500km da Vienna a Dillingen (Germania) dove incontrò San Pietro Canisio [v. immagine]; poi, con l’approvazione di quest’ultimo, si recò (sempre a piedi) a Roma per entrare nel noviziato dei Gesuiti a Sant’Andrea al Quirinale.

Quando morì, il 15 agosto 1568, era stato novizio per meno di un anno, ossia meno della metà del tempo di noviziato. Eppure è diventato nostro patrono! La domanda quindi sorge spontanea: come mai Stanislao è diventato santo, e per di più patrono?

Leggendo agiografie si scoprono tanti aneddoti che rivelano tratti di autentica santità. Ciò che mi colpisce maggiormente, però, è soprattutto l’aspetto del cammino.

Infatti, si potrebbe legittimamente pensare che Stanislao sia morto troppo giovane per vivere la propria vocazione! E se invece non fosse così? E se invece la sua vocazione fosse stata proprio quella di peregrinare per mezza Europa e morire appena entrato in noviziato?

Non abbiamo bisogno di essere qualcuno o avere qualcosa di diverso da quello che siamo e abbiamo per servire, amare e vivere con il Signore. Il lungo tempo di discernimento che la Compagnia ci offre prima e dopo il nostro ingresso in noviziato ci aiuta a cogliere il valore del momento presente. Ci invita a dare il nostro “sì” ogni giorno, lungo tutto il nostro cammino. Quante volte avrà Stanislao dato il suo “sì” mentre passo dopo passo percorreva centinaia di chilometri? Camminare verso il Signore, in fondo, è la vocazione di tutta la Chiesa e, di conseguenza, anche di ciascun suo membro.

Ci troviamo attualmente anche nel corso di un anno giubilare. La celebrazione del giubileo è una pratica stabile nella Chiesa almeno a partire dal 1300. Nel corso della storia, mettersi in viaggio non è mai stato semplice e tantomeno privo di pericoli. Perciò non era raro che qualcuno morisse in viaggio. Tuttavia, per la Chiesa, in quel caso, non importava che non uno fosse riuscito a far visita alle basiliche giubilari e compiere gli altri atti ordinariamente richiesti per lucrare l’indulgenza: era come se li avesse già compiuti.

Questo è un bel parallelo, secondo me, che ci mostra come il cammino e l’attesa abbiano un valore proprio e non siano semplicemente dei riempitivi. Essi sono necessari e hanno un valore pari a quello dell’obiettivo. Del resto, che cos’è un obiettivo raggiunto se non l’inizio di un nuovo cammino?

Il salmo 84 dice: “Beato chi trova in te la sua forza / e decide nel suo cuore il santo viaggio”. La forza per il suo lungo ed estenuante viaggio Stanislao non la trovò nelle sue gambe – o almeno, non solo! Il cammino verso il Signore che ciascuno di noi compie, inoltre, spesso non è nemmeno spaziale, ma è un cammino interiore, altrettanto impegnativo: quello del nostro cuore.

Possa San Stanislao ispirare e accompagnare anche te nella tappa del cammino verso il Signore che stai vivendo, qualunque essa sia!

 

Buon santo viaggio!

 

Elia Gittardi, novizio del primo anno.

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