Tre piccole chiamate alla speranza
Qualche giorno fa mi sono reso conto quante volte nell’ultimo tempo mi hanno toccati pensieri che parlavano della speranza. In questo articolo desidero accennare tre, diversi tra loro, ma che mi hanno aiutato. In questo senso questa breve scritta non è un pensiero mio: molto di più una lode alla comunità, ai compagni e alla creatività dello Spirito che parla attraverso di loro.
La prima occasione è stata durante una gita quando fermandoci nella natura, in una preghiera abbiamo condiviso quello che ci stava dentro di noi. Un compagno ha appena letto un libro di un gesuita che descriveva l’immagine del poeta francese Charles Péguy. Si tratta di una poesia che rappresenta il cammino dell’umanità come una grande processione, guidata da tre sorelle, le virtù. La fede e la carità sono adulte, forti, sembrerebbe che portano loro la sorella piccola in mezzo a noi. Avvicinandoci vediamo invece, che è proprio la sorella più piccola, la speranza, che sta guidando tutti! Se il confratello è rimasto colpito, non mi stupisco: è davvero una bella immagine.
Sono passati alcuni giorni quando una mattina – era la festa di S. Tommaso d’Aquino – il padre celebrante ha portato nell’omelia un pensiero di questo famoso teologo che, commentando la frase di S. Paolo: “queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”, dice: la carità è il più grande, perché quando saremo nel Paradiso, non avremo più bisogno né della fede né della speranza (avremo la certezza…), ma la carità rimarrà. Paradossalmente questa affermazione mi ha confermato che qui sulla terra abbiamo veramente bisogno della speranza.
Nel medesimo giorno (beh, quando il Signore vuole dire qualcosa, lo dice…) un padre che ci stava tenendo un corso sulla Sacra Scrittura ha portato come esempio di un genere letterario la parabola del seminatore. Un brano molto conosciuto, ma la novità è stato nel suo modo di presentarlo. Se guardiamo solo la parabola, senza la spiegazione (aggiunta dopo dalla comunità cristiana nel primo secolo), possiamo accogliere un senso di una profonda speranza. Nonostante le difficoltà, le parti del terreno dure, rocciose o dominate dalle spine, il seme porta frutto… e ne porta una quantità incredibile, visto che di solito si tratta di mietere 5-6, al massimo 8 volte più del seminato. E qui Gesù parla di 30, 60, anzi di 100 volta più!
Non scrivo tutto questo come qualcuno che sa bene come si fa nella vita questa cosa di sperare. Sono in cammino e sento la chiamata di approfondire questo aspetto. Si può provare a coltivare la speranza, se non diversamente, magari dondolando la piccola melodia di Taizè, citato nel titolo che, credo, anche il caro lettore conosce… Se no, vale la pena di ascoltarlo.
2021-01-31 Gellert Török, novizio del secondo anno.