GESUITI noviziato
Noviziato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù
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Il Riccio 1 / Strumenti per costruire il presente

È al contrario, non bisogna affatto dimenticare. […] Colombe crede che è possibile “affrettarsi a dimenticare” perché la prospettiva della vecchiaia per lei è ancora lontanissima, come se la cosa non la riguardasse. Io ho capito molto presto che la vita passa in un baleno guardando gli adulti attorno a me, sempre di fretta, stressati dalle scadenze, così avidi dell’oggi per non pensare al domani… In realtà temiamo il domani solo perché non sappiamo costruire il presente, e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati perché domani finisce sempre per diventare oggi, non so se ho reso l’idea. Quindi non bisogna affatto dimenticare. […] Scalare passo dopo passo il proprio Everest personale, e farlo in modo tale che ogni passo sia un pezzetto di eternità. Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con veri progetti di vita.

Muriel Barbery, «L’Eleganza del Riccio», Pensiero profondo n. 8

 

Con queste parole – nel bestseller internazionale L’eleganza del Riccio, trasposto nel film Il Riccio, che abbiamo avuto il piacere di vedere insieme in noviziato poco tempo fa – Muriel Barbery fa “pensare” il “Pensiero profondo n. 8” a Paloma, la piccola coprotagonista del romanzo, dopo una visita di tutta la sua famiglia all’anziana e ricca nonna, “rinchiusa” da qualche tempo in una casa di riposo di lusso alle porte di Parigi.

Paloma è una dodicenne fuori dall’ordinario, immersa in un ambiente radical chic. Suo padre è un noto deputato di sinistra, completamente preso dalla sua attività politica; sua madre è una fan di psicanalisi, piante da appartamento esotiche e intimo di alta qualità; la sorella Colombe, una brillante normalista, al termine di un percorso di specializzazione in filosofia scolastica. Laddove i membri della sua famiglia si limitano a vivere la loro esistenza privilegiata, finendo poi per diventarne prigionieri, Paloma pretende di sabotare quest’ordine di cose, esercitando senza mezzi termini la propria capacità di scrutare il mondo cui appartiene, perforandone la superficie patinata. Si esercita con puntiglio a guardare esteriormente e a sentire interiormente, sperando di trovare un modo – un giorno o l’altro – di fuggire dalla “boccia per pesci rossi” in cui tutti vorrebbero tenerla relegata.

L’esercizio del ricordare escogitato dalla sensibilità di Paloma è una “versione laica” di quello che, nella spiritualità ignaziana, viene chiamato esame di coscienza o, meglio, esame della giornata o, anche, esame di consapevolezza. Non è solo il primo esercizio che il p. Maestro spiega e propone ai novizi – da eseguire al suono della campana a metà giornata, per un quarto d’ora prima di pranzo, e poi, di nuovo, a sera per 20-30 minuti – ma anche il primo in ordine d’importanza: al limite, tutto si può tralasciare. Non l’esame, che è il modo più efficace per esercitarsi a cercare e trovare Dio in tutte le cose. Esattamente come vorrebbe Paloma, l’esame di consapevolezza è una contestazione potente del modo superficiale di consumare il presente per non pensare al futuro, tipico del mondo in cui viviamo. Ingurgitare freneticamente l’oggi, infatti, ci porta – molto più spesso di quanto si possa credere – all’avere a nausea il domani. L’esame di consapevolezza propone, allora, un rimedio efficace per mettere nella giusta relazione presente e futuro ed evitare di rovinarseli entrambi.

Per costruire il presente chiedo la guida dello Spirito e mi metto sotto la sua azione, concentrandomi nella rilettura della giornata e di quello che ha portato con sé. Ne riavvolgo il nastro e lo guardo al rallentatore, zoomando qui e lì per tornare su quanto ho visto, provato e sentito nello scorrere delle ore. Lo gusto di nuovo, con la calma necessaria per comprenderlo meglio e per scorgervi elementi e sfumature di cui non mi ero accorto prima. In questa prospettiva, quand’anche il futuro dovesse fare capolino nel presente, ponendo interrogativi scomodi, suscitando incertezze e agitando paure, non mi “affretto a dimenticare tutto velocemente” ma mi attardo a ricordare e analizzare ogni cosa pazientemente per ricavarne il buon frutto che esso nasconde (ad es. la messa in discussione delle mie false certezze; una conoscenza maggiore di me stesso, che le paure suscitate dal futuro indirettamente mi suggeriscono; ecc.) per affrontare più consapevolmente il domani, vivendo l’oggi “in modo tale che ogni passo sia un pezzetto di eternità” (cit.).

Giovanni Lo Giudice, novizio del primo anno

 

Schema per l’esame di consapevolezza:

1.      Chiedo aiuto al Signore per ricordare ciò che, durante le ore trascorse, è successo fuori di me e le risonanze che ha avuto o ha dentro di me. Anzitutto, tutto ciò che di buono e di bello ho visto, vissuto e ricevuto, per esserne grato.

2.      Ricordo quello che non ha girato come doveva e ne chiedo perdono. Non si tratta solo di cercare le mancanze manifeste (di solito, quelle sono abbastanza evidenti!) ma anche e soprattutto le occasioni di bene il cui appello è andato a vuoto perché non ho saputo coglierlo.

3.      Infine, mi rivolgo al Signore per un rilancio verso il futuro con una preghiera: una richiesta d’aiuto, un atto di fiducia, ecc.

 

Estate SJ

07 Set 2022

Eccomi dall’altra parte dello schermo a distanza di sei anni. Già, perché ricordo bene quell’estate dopo il primo anno di seminario in cui passai in rassegna tutte le pagine del sito del noviziato per leggere delle esperienze vissute dai novizi. Leggendo le loro attività estive iniziai a sentire, sempre con maggiore chiarezza, il desiderio di vivere in questo modo. Sebbene i racconti delle esperienze estive fossero così accurati che mi sembrava di viverle mentre le leggevo, al termine di questa estate devo riconoscere che farle è ben più impegnativo che leggerle comodamente sul divano.

Certo io immaginavo di passare da un’esperienza all’altra sempre pronto ad impegnarmi fino in fondo, in perfetto spirito di obbedienza ai miei superiori, ma ho scoperto che l’obbedienza non è solo un aspetto esteriore. Non basta fare quello che ti hanno chiesto e farlo al meglio. Quando mi sono trovato di volta in volta in contesti nuovi in cui non conoscevo nessuno, o quasi, mi sono accorto che una parte di me iniziava a giocare in difesa e tutta una apparente serie di buoni motivi era pronta a sostenere che andava bene così, infondo io avevo obbedito ma una parte di me non era lì presente e perdeva l’occasione per imparare, sperimentare e coinvolgersi.

Grazie ai consigli di un gesuita responsabile di una delle attività a cui ho preso parte ho imparato una grande lezione quest’anno. Le situazioni sono oggettive ma le interpretazioni sono relative. Ci sono situazioni di lavoro che possono essere più facili di altre ma sta a noi scegliere se considerare quella difficoltà come una minaccia da cui difendersi o come una sfida da affrontare. Ho poi notato che quotidianamente vengo a contatto con situazioni che posso percepire come sfide o come minacce. Esaminando frequentemente la mia coscienza per esaminare dove ho agito in difesa e dove invece mi sono messo in gioco, sto scoprendo ogni giorno aspetti nuovi su cui lavorare per imparare a fidarmi sempre di più del buon Dio.

Giacomo Mottola

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