ho vissuto l’esperimento di quaresima in Albania.
Un passo indietro: cos’è l’esperimento di quaresima? E’ un esperimento, innanzitutto, che spetta ai novizi di secondo anno. Comincia qualche giorno dopo il mercoledì delle Ceneri e termina qualche giorno dopo Pasqua. Il maestro, da soli o a coppie, ci manda in diverse comunità di gesuiti della Provincia EUM. L’ obiettivo è conoscere e lasciarsi coinvolgere dal lavoro apostolico di una comunità di gesuiti. Si potrebbe su questo punto dire molto, ma mi fermo qui perché l’obiettivo di questo articolo invece è arrivare altrove.
Io, insieme ad un altro novizio, sono stato mandato a conoscere le due comunità di Scutari e Tirana. Non descriverò l’intera esperienza, cosa per la quale sarebbe necessario ben più di un articolo. Mi soffermerò su un fine settimana in particolare. Sono stato, assieme al padre gesuita spagnolo che vive nella comunità di Scutari, a Tropojë, una regione nel nord dell’Albania. Un’avventura «alla fine del mondo!», come esclamerebbe il padre.
Siamo partiti da casa alle sei del mattino. Abbiamo preso un piccolo autobus, il furgone da una quindicina di posti che ben conosce chi è stato lì. Abbiamo attraversato una strada piena di curve, che ha saputo dare qualche piccolo fastidio. Siamo arrivati a Koman e da lì ci siamo imbarcati su un traghetto. Il viaggio nel fiume Drin è durato due ore e mezza. Meraviglioso! Eravamo in piena Albania, eppure pareva di costeggiare i fiordi norvegesi. Splendeva in alto un sole bellissimo. Due alte mura di collinette e montagne stringevano le acque che ospitavano docili il traghetto. Ma la bellezza non era la sola compagna della mia gioia. Lo era anche il motivo per cui stavamo andando lì: il padre gesuita una volta al mese va in quella regione per celebrare la Messa e confessare. Andavo lì a incontrare quel Gesù che si prende cura di persone divise in tre piccoli villaggi, ciascuno formato da poche famiglie, e a prendere parte a quella cura che Lui opera. Andavamo ad incontrare i frammenti di desiderio di Assoluto sparsi nelle vite semplici e il lavorio dell’Assoluto stesso in quelle vite.
Sbarcati, siamo stati accolti da tre suore, che hanno una piccola casa ove ospitare. Una filippina, una italiana, una albanese. Tre donne in una regione dell’Albania difficile da raggiungere. Sono state una testimonianza. Il loro lavoro apostolico è impressionante. Come ho accennato, ci sono tre piccoli villaggi con tre chiesette. Non c’è un parroco che viva lì. Ci sono loro ad ascoltare e a stare accanto alle persone del posto. Ogni domenica amministrano la liturgia della Parola e distribuiscono l’Eucaristia. Catechizzano i ragazzi. Fanno da infermiere. Una di loro è psicologa e suona persino la chitarra. Crocifisse lì, in un angolo di mondo incantevole e sperduto sono state una immagine di dedizione. Crocifisse lì, a reggere la fede di donne e uomini e ragazzi semplici, quasi del tutto da sole come Atlante che da solo regge il mondo. E reggono con serenità e gioia, nonostante le diverse difficoltà.
Ho imparato, visitando quel luogo, una piccola lezione che già da un poco vado studiando. La prima volta mi fu esposta da un padre gesuita, e da allora mi ritorna di tanto in tanto. Io vado a servire, a fare qualcosa per gli altri, ma alla fine scopro che sono gli altri a fare qualcosa per me, proprio quegli altri che io vado ad aiutare. E lo fanno donandomi di sperimentare un lineamento magari inedito del volto di Cristo.
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