L’arte è sempre stata una parte importante dell’umanità. Usando immagini è possibile descrivere e condividere varie esperienze vissute.
Così non sorprende il fatto che l’immagine fosse nel passato uno dei mezzi più comuni per parlare dell’esperienza di fede. Questo fatto è stato il punto di partenza del corso di arte e fede condotto in noviziato da padre Andrea Dall’Asta.
Uno degli aspetti che mi è piaciuto di più è la spiegazione della diversità d’immagine tra occidente e oriente. È interessante notare come diversi ambienti per descrivere l’esperienza di Dio usano uno sguardo completamente diverso. Se l’approccio occidentale descrive l’aspetto più umano dell’esperienza di Dio nel proprio tempo e luogo, lo sguardo orientale descrive la relazione con Dio più come un mistero, dove il tempo e il luogo non sono in primo piano. Questo mi fa pensare come spesso questa diversità di punti di vista sia molto presente nella vita quotidiana senza accorgersene. L’inosservanza di questa diversità è spesso causa di divisione. Le persone sono diverse già caratterialmente ma se si aggiunge anche una diversità di tipo culturale il rischio è la tentazione di accettare sempre meno il punto di vista dell’altro.
Un esempio significativo della comunione tra due tradizioni diverse, secondo padre Dall’Asta, è il film di Tarkovskij, Andrei Rublev. Film abbastanza impegnativo, ma con un simbolismo molto forte. Storia di Andrei Rublev – o meglio – del suo viaggio interiore che lo porta a scrivere una delle icone più famose di sempre. È una storia di morte e risurrezione. Personalmente credo che proprio questa sia una delle strade per crescere nella comunione. Per vedere e apprezzare la bellezza dell’altro abbiamo bisogno di andare oltre il nostro sguardo.
Comunione non significa uguaglianza ma celebrare la diversità. Non è sempre facile ma ne vale la pena.