Non so se a voi è mai capitato di fare il travaso di una piantina… se l’avete fatto, vi sarà forse caduto l’occhio sulle radici, notando come queste fossero cresciute occupando tutto lo spazio possibile, assumendo la stessa forma del vaso, quasi cercassero in tutti i modi e in maniera quasi spasmodica di assorbire il più possibile da quel pezzettino di terra.
Arriva, infatti, un momento in cui, se si vuole che la piantina continui a crescere, si deve travasarla.
Così come per le piante, anche per noi per crescere – dopo un certo periodo – è necessario il distacco. Bisogna trovare un nuovo vaso, della nuova terra, perché quella di prima – che è stata fondamentale ed essenziale per farci essere quel che siamo – non è più capace di darci nutrimento e spazio. Certo, questo distacco potrebbe essere un po’ doloroso perché richiede la separazione da qualcosa che ci è stato familiare fino a quel momento, ma non significa nemmeno rinnegare le proprie radici: quelle le portiamo dietro e perfino un po’ di terra natia ci rimane attaccata.
Ecco, per me il Noviziato è proprio questa nuova terra fertile che mi sta dando linfa, nutrimento e spazio per farmi crescere. Un semplice elenco delle varie attività e dei momenti che condividiamo risulterebbe riduttivo e svuotato di gran parte del significato, ma se dovessi scegliere solo una parola per descrivere ciò che «facciamo», o meglio, «viviamo» in Noviziato, direi crescita… Infatti, questo periodo è essenzialmente un tempo per conoscere se stessi sempre di più. Può sembrare strano, perché nella frenesia della routine quotidiana spesso davo per scontato la conoscenza di me, pensando che non ci fosse nessuno capace di conoscermi meglio di me stesso. Invece, sto scoprendo – e ogni giorno è una scoperta – quanto in realtà mi conoscessi poco. Grazie alla preghiera, alle dinamiche e relazioni che si creano in comunità e all’accompagnamento del p. Maestro sto acquisendo sempre più consapevolezza delle mie capacità, ma anche dei miei limiti e fragilità, dei condizionamenti e delle false idee che nel tempo ho costruito su di me. Perciò sto vivendo questo periodo semplicemente come una «grazia», un dono, in cui ho la fortuna e il privilegio di ricevere tanto gratuitamente.
Infine, c’è un ultimo elemento fondamentale da precisare per spiegare il senso di questo tempo. Infatti, proprio per riprendere l’esempio botanico, cosa farsene di una piantina che cresce, ma poi non porta frutto?
La crescita non è fine a se stessa, non è per potersi vantare o ritenersi migliori, ma per essere sempre più liberi di amare!
Fino a poco tempo fa questa espressione mi sarebbe sembrata – se non proprio priva di senso – sicuramente poco significativa. Mi sarei detto: «Come si può non essere liberi di amare?»
Ora, invece, mi sto rendendo conto di quanto avessi un’idea romantica dell’amore e naïve della libertà. Mi sto rendendo conto che essere liberi non è tanto una questione esteriore, ma piuttosto si riferisce alle dinamiche interiori che guidano i nostri pensieri e le nostre azioni. Che liberarsi dalle paure, dai condizionamenti, dai fini secondari, per riuscire ad amare davvero l’altro, a volere la sua crescita e il suo bene è veramente difficile, costa fatica e richiede sacrifici.
Per questo avere un buon terreno di partenza e qualcuno che si prende cura della crescita personale di noi novizi è proprio un bell’aiuto!