Il noviziato, il giorno 16 febbraio, ha visto la partenza di ben 6 persone. I sei novizi del secondo anno sono partiti, diretti in diverse comunità di gesuiti (Milano, Napoli, Palermo, Albania), per il cosiddetto esperimento di Quaresima. E noi del primo anno restiamo missionari a Genova. La casa è affidata a noi. La abitiamo assieme alla comunità stabile, P. Agostino, P. Ray, Fratel Paride e P. Ignazio.
La prima settimana, appena tornati dal Mese di esercizi spirituali, abbiamo saltato i corsi di greco e delle varie lingue straniere. Ci è servito un tempo per muovere nuovamente e con calma i primi passi nella quotidianità del noviziato. Rientrare non è stato facile. Nel giro di qualche ora, siamo passati dai ritmi del Mese a quelli giornalieri di lavoro, preghiera e comunità di Domenico Chiodo 3.
Ma dopo qualche giorno è iniziata la Quaresima e ci siamo interrogati se scegliere un segno per questo tempo particolare. Mettere insieme sei teste con sensibilità differenti ha richiesto più incontri. Ognuno ha esposto una o più proposte. Ne abbiamo individuate tre, e le abbiamo riportate al maestro. Questi ci ha offerto delle risonanze. E alla fine del lungo processo comunitario, è emerso un segno condiviso: la valorizzazione comunitaria. E’ una forma di correzione fraterna, ma in positivo. L’obiettivo dell’esercizio- che è settimanale- non consiste nell’individuare un punto debole o una fragilità o difetto – chiamalo come vuoi, ma ci siamo capiti- nell’altro e indicarlo perché maturi. L’obiettivo è un altro: valorizzare, cioè individuare in ciascuno un riflesso di bellezza, una traccia luminosa da sottolineare. Ogni novizio si è impegnato a guardare cosa di bello l’altro custodisce e a dirglielo. E’ un’ impronta di conversione che domanda apertura e disponibilità. Ci proviamo!
In fin dei conti, la Quaresima è un tempo di cambiamento. E’ un’occasione per modificare la direzione dello sguardo. Non diciamo di negare le difficoltà, ma di accorgerci sia del grano sia della zizzania, e di sbilanciarci a favore della crescita del primo piuttosto che della seconda. È un tempo per dare voce ed ossigeno ai doni che Dio ci ha fatto e a quelli che ci sta facendo.