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La Giustizia di San Marcellino

12 Mar 2018

Che cosa significa oggi la parola Giustizia? Opportunità e parti uguali per tutti? Difficile dare una risposta.

La dignità degli esseri umani è composta da tante cose, tante altre non sono necessarie. Abbiamo bisogno di un posto dove dormire e di cibo. Abbiamo bisogno di affetto, di relazione, di persone con cui parlare, persino con cui litigare, da soli è più difficile vivere. Abbiamo bisogno di un lavoro o di un compito, una responsabilità che ci permetta di dare un senso ai nostri giorni. Abbiamo bisogno di essere curati se stiamo male. La lista potrebbe continuare. Possiamo immaginare di vivere solamente con una di queste cose? Possiamo vivere solo di lavoro o di cure o di pasti caldi? Le donne e gli uomini sono più complessi di una tale semplificazione.

La storia della associazione di San Marcellino nasce a Genova nel 1945 quando Padre Paolo Lampedosa SJ, colpito dalla distruzione del centro storico, domandò all’Opera del Don Orione l’uso della piccola chiesa di San Marcellino nel cuore della città vecchia. Le attività assistenziali saranno l’ambulatorio medico, il sostegno alimentare ed economico e la distribuzione di indumenti.

Negli anni sessanta, sotto la guida di Padre Carena SJ, San Marcellino inizia a porre alla città il problema dei più deboli. Invia un foglio informativo a migliaia di persone. Colpiscono le intuizioni circa le difficoltà delle persone, l’assenza di giudizi morali nell’osservare le condizioni di vita dei singoli. Già allora vengono intuite in maniera estremamente attuale ancora a nostri giorni, le difficoltà a vivere il mercato del lavoro.

Da qualche mese vado periodicamente in una delle comunità di San Marcellino, un gruppo di ex senza fissa dimora. Mangiamo insieme a cena e dormo lì. La domenica mattina, dopo la messa partecipo alla distribuzione delle medicine e delle visite mediche a chiunque si presenti. Sono persone indigenti o senza tetto, la maggior parte sono italiani. Chi non ha una residenza non può accedere ai servizi sanitari. E’ una comunità stabile di persone che già svolgono tutti i servizi di casa, alcuni di loro hanno un lavoro. Ci sono altre comunità che rispondono ad esigenze diverse, per esempio chi è appena uscito dalla strada e via via sta facendo un percorso di recupero e di uscita dall’alcool non è ancora pronto per avere delle responsabilità. Tutte queste persone sono volti e nomi, alcuni avevano un lavoro in banca, avevano una famiglia e una casa.

Sono sicuro che ognuno di noi si sia sentito o si senta mancante di qualcosa nella vita. Magari un lavoro che non piace o una retribuzione scarsa o qualche delusione rispetto alle relazioni o qualche limite personale. Se ci prendiamo il tempo di meditare sulla nostra vita  possiamo considerare quanto siamo stati fortunati a non essere rimasti incastrati in una situazione insostenibile e senza un posto dove andare. Tante volte parlando con loro e mangiando con loro, giocando con loro a scacchi (ogni volta vengo clamorosamente battuto) mi chiedo: perché è successo a loro e non a me?

Ecco, è in questa domanda che io sento una eco della parola Giustizia e vorrei tanto che questo interrogativo sia di tutti e non solo di alcuni.

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