Di solito si ricordano i racconti di quando eravamo piccoli. Prima di andare a dormire o andando a scuola capitava di ascoltare dei racconti. Forse ad alcuni è capitato con i nonni e le storie della loro gioventù, o degli zii che tenevano banco nelle grandi cene di famiglia. In tutti questi casi i abbiamo avuto a che fare con delle storie, favole con morale, racconti più o meno noti. Cosa capita però quando la storia in questione non è quella di Andersen o di Fedro ma la nostra? Un conto è leggere qualcosa che magari ci ricorda la nostra infanzia, un altro conto raccontare i primi anni della propria vita. Questa in noviziato è l’esperienza delle condivisioni di vita. Ciascuno ha del tempo a disposizione, un’ora e mezza circa, per condividere attraverso un racconto la propria storia. Dall’inizio più lontano fino a ciò che lo ha portato qui in noviziato. Si possono usare anche immagini, video , brani musicali, tutto ciò che può aiutare. Come direbbe S. Ignazio quel “tanto quanto” che permette di sentire meglio interiormente. Quest’anno la mia sensazione è stata quella di un senso di sacro di fronte a questi racconti. Forse perché è un luogo privilegiato per sentire il tocco di Dio nella vita delle persone. Può essere imbarazzante all’inizio, impegnativo per l’ascolto ma anche incredibilmente arricchente. Nell’ascoltare come i compagni, compresi i formatori, sono cresciuti, si prova un po’ di vicinanza, così importante per sentirsi comunità. Quei compagni di cui ho ascoltato la storia, sono gli stessi con i quali si condivide molto, dalla pulizia dei bagni alle camminate in montagna, ai dialoghi più personali. Così i racconti delle vite di altri fanno vedere qualcos’altro di come io stesso ho percepito Dio nella mia. In noviziato però, dove tante strane cose accadono, può accadere invece di trovarsi a scrivere non la mia storia ma la storia di quell’uomo chiamato Gesù, prendendo un punto di vista particolare. Potrebbe essere forse quello di Pietro o Giovanni che corrono verso la tomba vuota. In effetti “Scrivere le Scritture” è il nome di uno degli ultimi corsi che abbiamo avuto qui in noviziato. La consegna era proprio riscrivere in breve alcuni episodi del vangelo nei panni di uno dei personaggi. Un po’ come infilarsi nello stretto spazio che i vangeli lasciano non raccontato, e da lì riempire la storia in modo diverso con quello che il personaggio potrebbe sentire o fare, con i suoi ricordi, sentimenti, desideri. Per evitare equivoci i risultati non sono stati dei nuovi trattati di teologia dogmatica. Piuttosto una divertente varietà di scorci sullo stesso evento del vangelo. Un esercizio non solo di immaginazione ma anche di apertura. Se provi a metterti nei panni dell’oste che serve all’Ultima cena, in qualche modo entri nella scena, e quello che potresti pensare un volta lì, puoi saperlo solo tu. Non è detto che gli incontri con Gesù siano stati sempre lacrime di gioia per tutti. Ascoltare i personaggi però ti fa guardare ancora una volta il mondo, i compagni con qualche goccia di simpatia in più. In questo ho trovato un filo rosso che collega due mondi apparentemente così distinti, la nostra vita e il racconto della vita di Gesù. Se c’è qualcosa che accomuna le condivisioni di vita e lo scrivere le Scritture è proprio la bellezza di un racconto, dove ti presenti come sei, con il coraggio e la forza della storia che hai da condividere.
Alessandro Cocozza, novizio di secondo anno