Siamo di ritorno dal lungo esperimento di Quaresima. In un articolo precedente Carmine aveva accennato a questa tappa del noviziato, da noi appena vissuta. Nel mio caso mi sono ritrovato catapultato a Milano nella ricca vita della scuola Leone XIII, della rete delle scuole dei gesuiti. La “missione” che ci era assegnata era un servizio nella scuola, le forme sono state le più diverse. Vorrei parlare di una di queste, ovvero dello spettacolo del musical Sister Act 2 rappresentato dai ragazzi delle superiori del Leone XIII. Ora vi chiederete che cosa abbia a che fare un novizio con uno spettacolo del genere. La risposta non è che il musical parla di suore e religiosi e quindi un novizio ci sta bene. Direi piuttosto che questa è stata un’esperienza di cui i ragazzi sono stati i protagonisti e noi gli abbiamo, in un certo senso, accompagnati. Questo forse ha rispecchiato un aspetto della mia esperienza di quaresima.
Ricordo i primi giorni al Leone, nell’imbarazzo tipico di quando si entra in un nuovo ambiente da conoscere. Fra le tante novità ci parlavano anche di questa iniziativa del musical e finiamo ad assistere ad alcune prove. Abbiamo visto alcuni ragazzi alle prese con una preparazione dei balli ad uno stadio molto iniziale, contemporaneamente una squadra di mamme e studenti lavoravano febbrilmente per tirar su delle scenografie multiuso. Per me era tutto nuovo, anche questo spettacolo per cui collaboravano tante persone ma di cui si aveva solo una vaga idea. Una cosa però mi aveva colpito dall’inizio, era chiara la determinazione di coinvolgere tutti quelli che avessero desiderato partecipare, anche in ruoli non di primo piano: dare una voce a ciascuno, o almeno un modo per rendersi utile. Questo voleva dire organizzare un gruppo di circa ottanta persone fra studenti, professori, genitori e vari interventi di esterni. Un lavoro non semplice.
Nel corso della quaresima però, ho assistito alla vera e propria costruzione dello spettacolo. Quelli che erano solo passi accennati sono diventati coreografie definite, o quasi. I canti sono stati affinati, i giovani cantanti sono stati motivati e preparati gli arrangiamenti. Le battute sono state provate e riprovate fino allo sfinimento. Gli studenti si sono dovuti in alcuni casi rassegnare alla scarsa memoria dei professori che, come loro, si cimentavano nello spettacolo. E i professori hanno esercitato la virtù della pazienza con gli studenti che hanno provato ad evitare le interrogazioni per le prove del musical. Fino alla, tanto attesa, settimana della prima, pochi giorni prima delle vacanze di Pasqua. Come in tutti gli spettacoli che si rispettino la tensione alle porte dello spettacolo era diventata una sorta di entità sovrannaturale che pesava sugli studenti e sui professori. Come è andata a finire?
Devo dire che questa volta assistere allo spettacolo per me non è stato come al solito. Ovviamente io non ero in scena, ma avevo assistito a buona parte della preparazione. Soprattutto pensavo alle fatiche che ciascuno dei ragazzi viveva personalmente, le timidezze, le paure, i dubbi, che almeno di sfuggita, mi erano diventati famigliari in quel mese e mezzo a scuola. É stato interessante rivedere quei ragazzi, che avevo incontrato nei ritiri o nei corridoi, assorbiti, corpo e voce nella parte. A spettacolo concluso oltre ai vari complimenti ero, nel mio piccolo, davvero soddisfatto del lavoro dei ragazzi. Non solo per la riuscita. Piuttosto perché avevo visto tutta la preparazione, in situazioni non facili, che c’era stata. Pensavo al coraggio e alla costanza che avevano dimostrato per salire su un palco a cantare e ballare così. Mi colpiva soprattutto questo particolare: la storia che recitavano era una storia di speranza, dove degli studenti come loro prendevano in mano le sorti della loro scuola e attraverso l’armonia del canto la trasformavano. Sono stato solo di passaggio, ma è stato bello condividere questo frammento di sogno che hanno vissuto. E così è nato un ringraziamento per aver potuto partecipare a tutto questo e una preghiera per il loro futuro, nel sogno che anche Dio ha in serbo per loro.