“Canta non solo per riempire il tempo
ma per sostenere lo sforzo
[…]
La fatica aiuta a crescere
nella condivisione.”
Recita così un canto scout, “Danza la vita”, in cui si menzionano, quasi spensieratamente, due termini a cui noi siamo diventati allergici e che, quindi, cerchiamo in tutti i modi di evitare: lo sforzo e la fatica.
Che bello, invece, poterli “cantare” in modo gioioso, perché accolti come parti integranti e ineliminabili di ogni cammino (e questo la montagna lo insegna bene!).
Per rendere più viva e afferrabile questa idea, vorrei riprendere l’immagine della piantina e fare insieme a te un piccolo esercizio di immaginazione. Ti avverto: non saremo scientifici, quindi se ti appresti a leggere questo articolo con rigore scientifico, ahimè, ti ritroverai deluso. Anzi, ti chiedo addirittura un favore: sii il più creativo possibile e lasciati guidare dalle tue sensazioni e dalle prime immagini che ti vengono in mente. Per far sì che immagini e sensazioni emergano, ti consiglio di procedere molto lentamente, seguendo il ritmo del tuo respiro e prendendoti tutti il tempo necessario.
Bene, ora possiamo iniziare!
Immagina un seme nella profondità della terra.
Sta lì tutto tranquillo e solo, senza nessuno che lo disturbi.
Gradualmente, inizia ad assorbire una goccia d’acqua dopo l’altra, sali minerali, sostanze nutritive, fino a che si decide a uscire dalla sua zona di comfort.
Lentamente si dischiude… crick… crock… l’involucro che lo protegge inizia a rompersi in più punti…che dolore dover rinunciare a quel guscio protettivo…
Un esile germoglio comincia a intravedersi, si distende con tutta la forza possibile, cerca di farsi strada tra sassi, vermi, radici…quanta fatica e che sforzo!…
La superficie è ancora lontana, c’è solo buio e silenzio… la situazione è apparentemente senza speranza… tutto lascia presagire una disfatta… eppure il richiamo della luce e dell’aria pulita è così forte che l’esile germoglio non demorde e dopo un lungo zigzagare raggiunge la superficie…
Phew! Che sollievo l’aria fresca, le sue dolci carezze e che bello sentire i caldi raggi dorati, lasciarsi scaldare da essi!
Ho usato l’immagine del germoglio, ma me ne vengono in mente molte altre. Ad esempio, le fibre muscolari che crescono proprio in condizione di stress metabolico, tensione meccanica e dolore muscolare. O ancora, sappiamo dalla fisica che l’attrito è quella forza che si oppone al movimento; eppure ci insegna anche che senza di esso non potremmo neppure camminare (perlomeno nel modo in cui siamo abituati).
Sia che si tratti di piante, di cellule o di leggi fisiche, la natura sembra suggerirci che ci sia una dose ineliminabile di sforzo da affrontare in ogni cammino o crescita. Credo faccia parte delle regole del gioco, della Danza che è la vita.
Questo pensiero è ciò che, in questi mesi prima dei voti, mi sta dando molta serenità e tranquillità. So, infatti, che, prima o poi, affronterò delle difficoltà, in cui dovrò attingere alle mie forze per sostenere lo sforzo e la fatica. E ora so anche che potrò vivere quel momento non come indice di una scelta sbagliata (come pensavo prima), ma come occasione per crescere e venirne fuori in forma migliore. Proprio come quel germoglio che, prima di raggiungere la luce, deve affrontare quel pezzetto di terra nel buio più totale e in completa solitudine.
Lorenzo Zura, novizio del secondo anno