Questa è, giustamente, la domanda che amici e conoscenti mi rivolgono più spesso, ognuno con il suo bagaglio di precomprensioni che possono andare da un ideale di vita eremitico-anacoreta che combina ascesi e penitenze corporali ad uno corporativistico-massonico secondo cui i gesuiti sarebbero detentori di antichi tesori e segreti che utilizzano per tessere le trame del nuovo ordine mondiale.
Ecco, direi… nulla di tutto questo.
Spesso la conversazione si concentra sul fatto che per due anni viviamo letteralmente senza soldi e senza telefono in tasca. Per qualcuno questa privazione assurge ad una violazione diretta alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. E quindi qui vorrei spiegare che questo è a tutti gli effetti un privilegio perché non abbiamo soldi in tasca, ma un tetto e del cibo non ci manca; non abbiamo un telefono personale ma possiamo organizzarci per sentire parenti ed amici tramite mail o telefonate da un cellulare comune che ci sforziamo di utilizzare con oculatezza e parsimonia.
In realtà le giornate in noviziato scorrono lievi alternando tempi di preghiera, di lavoro, di studio, di condivisione e di apostolato. Alcune regole ci sono, e per alcune cose che prima ci erano connaturali ora dobbiamo chiedere il permesso. Questo, ad un adulto che ha raggiunto una certa, se non totale, indipendenza prima di entrare in Compagnia può richiedere un certo periodo di tempo per abituarsi, ma la logica è quella di entrare in un corpo apostolico in cui la volontà di ognuno si armonizza agli obbiettivi del corpo stesso. Così come avviene in tutte le famiglie in cui la volontà dei genitori e dei figli si armonizza agli obiettivi della famiglia stessa, che sono l’amore reciproco, la crescita e l’educazione dei figli, così noi ci prepariamo in questi anni per lavorare nel mondo per la maggior Gloria di Dio e il bene delle anime.
Giacomo Mottola