C’È UN DI PIÙ!
Mi chiamo Jacopo Maria Favotto, ho 28 anni e provengo da un piccolo paese chiamato Trevignano (TV). Sono il terzo di quattro figli. Fin da piccolo la mia famiglia mi ha portato a vedere nella comunità parrocchiale una seconda famiglia. Come è possibile immaginare fin da subito la persona di Gesù era sullo sfondo di ogni attività, veniva spesso presentata e molte occasioni erano pensate per conoscerlo meglio, ma in me rimase sullo sfondo. C’era, ma nulla di più.
Lo scoutismo è stato uno dei centri fondamentali della mia adolescenza, qui sono nate le mie passioni per la vita nella natura, per la musica, per le camminate in montagna.
La vita in comunità mi appassionava molto, in particolare diventava sempre più importante la relazione con il mio parroco, in lui vedevo un uomo profondamente innamorato di ciò che viveva, un uomo capace guardare con amore e di voler bene.
“E diventare prete?” La domanda era in me da tempo, alle volte stuzzicata da altri. Ad un certo punto sentì che i tempi erano maturi: volevo diventare prete! La scelta più naturale era pensare al Seminario diocesano di Treviso.
Fu così che alla fine del liceo entrai, nel 2014, nella comunità del Seminario. Ero molto convinto della mia scelta, illudendomi di aver capito tutto della realtà e di me stesso. Quegli anni per me sono stati un passaggio “pasquale”, da uno Jacopo che crede di essere forte, alla verità che sono debole, da uno Jacopo che crede di essere il migliore, alla verità che sono uno come tanti. In quegli anni cercai affannosamente di dare risposta ai molti dubbi che pian piano erano emersi e che non trovavano il luogo giusto per chiarirsi.
Nel 2020 si è concluso il percorso in Seminario, sono tornato a casa e nella normalità della vita da pendolare ho lasciato sedimentare molte cose, ne avevo molte da comprendere e accogliere. Avevo tra le mani una vita un po’ malridotta, con desideri cresciuti a metà, senza particolari prospettive. Ma ecco che quel Signore che avevo imparato essere il mio centro e non più sfondo, ha iniziato a offrire molte benedizioni, nelle relazioni, nei miei studi di psicologia, nella mia comunità, proprio nel tempo in cui non me lo aspettavo. Avevo ritrovato la mia famiglia, tanti amici, stavo bene! Molti dubbi che avevo si sono sciolti come neve al sole. Potremmo dire una vita che ha ripreso un suo equilibrio, cosa può mancare?
“Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.” (Lc 5,11) Mi trovavo come questi discepoli; tanti anni di fatiche per riempire la barca di pesci e poi ad un tratto qualcosa cambia, la barca si riempie, ma a me già non interessa più. C’è un di più!
Nella quotidianità e nella preghiera sentivo chiaramente che la relazione con Gesù esigeva per sua natura qualcosa di più, di andare oltre all’ordinario della mia bella vita. C’è un di più!
Già negli anni del Seminario avevo avuto modo di assaporare la spiritualità ignaziana. L’immagine della Compagnia di Gesù che trovavo in me era quella di una vita radicalmente spesa per Gesù e per i fratelli, la saggezza e la profonda umanità che sgorgavano dall’esperienza più volte fatta degli Esercizi mi facevano intuire un luogo che poteva essere in qualche modo vicino a quel “di più” che desideravo per la mia vita.
Nell’accompagnamento spirituale iniziai a portare questi pensieri. All’inizio ne avevo paura, una parte di me si ribellava alla possibilità di una nuova delusione. Ma è vero che c’era qualcun’Altro nella storia e ad un certo punto l’ho lasciato fare. Così verso l’estate del 2022 conobbi i miei primi gesuiti, passando per Bologna, per Padova e per l’Albania.
In fondo al cuore si chiariva in me la sensazione che Gesù aveva accompagnato tutta questa mia vita, nel bene e nel male. In tutto Lui era stato presente e mi stava conducendo verso un luogo non prevedibile, inaspettato, al di là di quanto potevo inizialmente immaginare. C’è un di più!