Ricercare un di più nel gusto della vita
Credo che sia nascosto nella sfera più interiore dell’interiorità umana un desiderio che ci invita a chiederci chi siamo e da dove veniamo, un desiderio che ci spinge fuori dal nostro io per metterci davanti ad un tu, un desiderio che ci invita a scendere in profondità, per scoprire che qualcosa ci trascende facendoci intuire Dio. Era una sera di agosto del 2020, tra il quarto e il quinto anno di università, quando, pensando nel silenzio a quel desiderio e guardando nel buio le stelle, sorse in me la necessità di leggere qualcosa che stimolasse l’anima. Decisi di cercare il Vangelo del giorno. Cercando su internet, mi imbattei per caso – o forse non così per caso – nel sito dei gesuiti “Get up and walk”. Rimasi colpito e illuminato da due aspetti: l’utilizzo della mia immaginazione nella preghiera e il lasciar affiorare il mio sentire interiore, senza giudizi. Provai un senso di grande pace interiore.
Fino a quel momento, non ero mai stato una persona abituata a meditare sulla Parola di Dio. Con qualche avvicinamento e allontanamento da Dio avvenuto durante la mia crescita, la fede era stata per me un qualcosa che rimaneva esterno alla mia interiorità. Era un’interiorità che sentiva la presenza di emozioni e sentimenti, sicuramente anche qualche crepa, che però una forse eccessiva razionalità non voleva lasciar emergere.
Ero cresciuto ad Oglianico, un paesino della provincia di Torino, in modo felice e fortunato, in una bella famiglia numerosa e con diversi amici molto buoni. Incuriosito e appassionato fin da bambino di scienza, esperimenti, musica, pianoforte e montagna, all’università scelsi di studiare Fisica a Torino. L’idea di scoprire cose nuove e poterle mettere a servizio dell’umanità mi aveva sempre affascinato. Sembrava dare un buon gusto alla mia vita.
Perché quella sera d’estate scelsi proprio di cercare il Vangelo del giorno è ancora oggi da capire. Essendo quasi sempre andato a suonare l’organo in chiesa alla domenica fin dalla fine delle scuole medie, forse Dio mia aveva tenuto vicino all’ascolto della Parola con la musica. Lui era lì, ma io non lo sapevo. Quell’iniziale incontro con la spiritualità ignaziana su “Get up and walk” gettò una luce nella mia interiorità, che fece crescere la curiosità.
Grazie ad un’amica, nel 2021 conobbi i gesuiti a Selva di Valgardena e, poi, iniziai a partecipare ad alcune attività della Compagnia di Gesù a Villapizzone a Milano. Nello stesso periodo, cominciai il dottorato a Torino, lavorando su Fisica Medica, in un gruppo di persone molto care, che mi diedero anche l’opportunità di trascorrere un periodo di ricerca di circa sei mesi in Australia. Con il tempo, tra ricerca scientifica e ricerca spirituale, mi sembrava di intuire sempre di più che il mio sentire interiore aveva a che fare con la fede. Anche in quella parte di me che provava emozioni e sentimenti, Dio mi parlava e desideravo imparare ad ascoltare meglio la sua voce. Il gusto che assaporavo nelle mie giornate era buono, ma piano piano iniziò a sembrarmi che a quel gusto mancasse qualcosa, come un buon piatto di pasta al pomodoro a cui però manca un po’ di sale. Poi, nella preghiera, come un sole che sorge all’orizzonte dopo una lunga notte, sorse in me il ricordo di quando da bambino all’oratorio delle suore salesiane rimanevo stupito dalle storie di alcuni missionari che arrivavano da lontano. Il loro partire e andare, il loro aiutare le persone, il loro tornare a casa, il loro raccontare sembravano avere un buon sapore. E questo pensiero ritornava.
Sempre piano piano, con il tempo, ricercando nell’interiorità e discernendo ciò che in essa si muoveva, mi parse che quel di più nel gusto assaporato potesse essere per me nella vita religiosa nella Compagnia di Gesù, per poter seguire di più Gesù, aiutare di più l’altro e quindi amare di più. Così, eccomi oggi nel Noviziato, a comprendere meglio quel profondo desiderio e a conoscere di più Dio, a cui mi affido.
